“La seconda che hai detto”, risponderebbe un famoso comico italiano! Si parla infatti di un esperimento scientifico condotto a bordo del STS-41-C nel 1984 ed ideato da uno studente americano.
La crew assegnata al STS-41CB (STS-13) da destra a sinistra: (left to right) Robert L. Crippen, comandante; Terry J. Hart, specialista della missione; James D. Van-Hoften, specialista della missione; George D. Nelson, specialista della missione; e Francis R. (Dick) Scobee, pilota. Di NASA – http://nix.larc.nasa.gov/info;jsessionid=okb33t6c98g7?id=MSFC-8440925, Public Domain, Link
I quattro astronauti nella fotografia sembrano venire direttamente dal set di Star Trek, invece sono coloro che hanno portato avanti l’esperimento chiamato “A Comparison of Honeycomb Structures Built by Apis millifera (SE82-17)”, proposto dallo studente Dan Poskevich. Questo esperimento fa parte dello Shuttle Student Involvement Program (SSIP), che altro non sarebbe che un concorso per studenti americani delle superiori, nel quale questi possono proporre uno studio da effettuare all’interno della stazione spaziale.
Perché portare le api nello spazio?
Lo scopo dell’esperimento era comprendere prima di tutto se le api fossero in grado di sopravvivere in microgravità e, da qui il titolo dello studio, quali differenze ci fossero tra i favi costruiti nello spazio e quelli sulla Terra.
A bordo del STS-41-C venne caricato un modulo chiamato Bee Enclosure Module (BEM) e contenente approssimativamente 3400 api ed una regina, telaini in legno ed un nutritore riempito con una mistura di acqua, saccarosio ed agar per sfamare gli insetti. L’agar serviva per dare una consistenza semisolida allo sciroppo, altrimenti per effetto della microgravità si sarebbe suddiviso in gocce fluttuanti che le api non avrebbero potuto mangiare liberamente. Un modulo BEM identico in tutto e per tutto venne lasciato a terra nel Johnson Space Center di Houston, nel Texas, per le successive comparazioni.
Nelle immagini di repertorio qua sotto potete vedere i BEM, i quali avevano un tetto in resina pastica trasparente per facilitare l’osservazione.

Il modulo BEM. Fonte: NASA.
I membri della spedizione hanno osservato e filmato le api in quattro diverse occasioni, sia poche ore dopo il lancio (avvenuto il 6 aprile 1989) che durante i successivi sette giorni, mentre a terra altri membri del Johnson Space Center controllavano l’altro BEM.
Nessuna ape venne maltrattata durante lo studio… Sono rientrate tutte sane e salve il successivo 13 aprile!
Ecco a voi i risultati!
Il primo e più grande risultato fu la sopravvivenza delle api al trauma del lancio spaziale! Nei successivi 7 giorni mostrarono piena capacità di adattarsi alla microgravità e, nonostante le prime difficoltà, riuscirono tranquillamente a volare. Solo pochissime api morirono durante quel breve periodo, furono in 120 su un campione di 3400 esemplari circa, mentre furono 350 le api morte nel BEM al centro spaziale di Houston.
L’ape regina riuscì a deporre all’incirca 35 uova, che però poi non si schiusero. Non si sa per quale motivo e le cause potrebbero essere anche non legate all’esperimento stesso.
Le api costruirono all’incirca 200 cm quadrati di favo, mentre quelle a terra fallirono nella costruzione, molto probabilmente a causa delle temprature avverse. I favi costruiti erano molto simili a quelli terrestri, anche se l’angolazione delle celle in alcune zone era “strana”.
Per farvi comprendere meglio, i favi vengono naturalmente costruiti dalle api a partire dall’alto verso il basso, seguendo quindi la direzione della gravità terrestre, come potete vedere nella fotografia qui sotto.
Le celle esagonali, quelle che contengono il miele e la covata, vengono costruite partendo dal centro verso l’esterno, vale a dire andando a destra ed a sinistra per entrambi i lati del favo, in modo da sfruttare il più possibile lo spazio. Nella fotografia qui sotto potete vedere la sezione del favo, con le celle disposte su entrambi i lati.
Dicevamo che l’angolazione di alcune celle costruite dalle api nello spazio era “strana”: anziché costruire in verticale seguendo la gravità, come abbiamo visto nelle fotografie sopra, le api le avevano costruite in orizzontale. L’angolazione puntava infatti verso l’alto da un lato del telaino, verso il basso dall’altro lato! Essendo in assenza di gravità, in questo caso le parole alto e basso si riferiscono rispettivamente alle parti superiore (col tetto in resina trasparente) e inferiore (vale a dire al fondo) del modulo BEM. Addirittura un pezzo di favo costruito a partire dal fondo del BEM aveva celle con angoli che puntavano nelle direzioni più disparate!
Ad ogni modo, le api furono tranquillamente in grado di utilizzare questi spazi anche per la sistemazione delle loro scorte.
La densità della cera era uguale per tutti i favi, mentre la grandezza delle celle era inferiore e lo spessore delle mura era più grande rispetto al campione di prova costruito sulla Terra.

L’astronauta James D. van Hoften osserva il BEM. Fonte: NASA.
In conclusione!
Come abbiamo già detto, le api nello spazio hanno dimostrato un’elevatissima capacità di adattamento alle nuove condizioni di vita, senza stravolgimenti drammatici. Ci auguriamo che questo esperimento possa essere ripetuto e prolungato in futuro, soprattutto per sapere se le uova si sarebbero davvero schiuse anche in condizioni di microgravità.
Cosa altro potremo aggiungere? Da piccola avrei voluto fare l’astronauta, magari in un altro universo parallelo sono proprio io a condurre questo esperimento! 😀
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A presto!
Silvia
FONTE: https://go.nasa.gov/2O9B8YF
Immagini:
- Copertina: Originale di Twisted Persona