Si parla spesso di quanto sia etico raccogliere e consumare il miele ed i prodotti dell’alveare, ed ogni apicoltore possiede una sua personalissima visione di cosa significhi fare apicoltura, ma soprattutto di come vada fatta.
Ne abbiamo anche parlato in questo nostro video, clicca qui sotto per vederlo!
Con questo articolo cercherò di dare qualche informazione ai non addetti ai lavori su come viene praticata l’apicoltura.
L’alveare è l’insieme della famiglia di api, tipicamente formato da una regina, da diverse migliaia di api operaie (da 40 a 60.000) e da qualche migliaio di fuchi (i maschi).

Rappresentazione del fuco (il maschio), della regina, e dell’operaia. Il fuco è piu tozzo ed ha occhi più grandi, mentre la regina ha l’addome più lungo sia rispetto ai fuchi che alle api operaie.
Questo insieme di insetti viene chiamato superorganismo. Ma che cos’è un superorganismo?

Una apis, nulla apis. Un’ape da sola non può sopravvivere o riprodursi. Lo sciame di api aggrappate l’una all’altra è una delle espressioni più affascinanti del superorganismo.
Il superorganismo, per definizione, è un gruppo di individui che posseggono proprietà molto simili a quelle di un singolo organismo. Mi spiego meglio:
Un’ape mellifera, la cosiddetta ape da miele, non può esistere da sola.
Sia essa un’operaia, una regina oppure un fuco anche se nutrita ed accudita, se isolata dal resto del superorganismo muore nel giro di breve tempo.
PERCHE’ UN’APE NON PUO’ SOPRAVVIVERE DA SOLA?
La scienza ci viene in soccorso e ci spiega che questi insetti si sono evoluti nell’arco di milioni di anni, sviluppando come strategia di sopravvivenza la socialità e la suddivisione in caste. In ogni alveare decine di migliaia di api operaie ogni giorno rinunciano alla riproduzione (lasciando l’incombenza ad una sola regina) per incrementare le possibilità di sopravvivenza di tutto il superorganismo.
Per comprendere meglio il concetto, diciamo che ogni ape può essere vista come una singola cellula del nostro corpo. Tanto sacrificabile quanto indispensabile per il funzionamento di tutto “l’organismo”, ovvero l’alveare.
Immaginiamo il nostro corpo come un grande agglomerato di cellule (api), quindi come un alveare. Chi si occupa di noi e prende le nostre difese quando ci procuriamo un trauma come un taglio o una frattura?
Il nostro corpo è formato da un’insieme di cellule (le api), che si attivano per difendere il nostro corpo ed impedire che accada il peggio. Sono le stesse cellule che ci permettono di guarire e di restare in vita.
Una famiglia di api funziona grossomodo così, l’ape operaia si comporta proprio come una cellula, ovvero difende senza il minimo indugio (e spesso a costo della sua stessa vita) l’organismo di cui fa parte .

Le singole api operaie all’interno del superorganismo si comportano come le cellule all’interno del nostro corpo.
Detto questo, si incomincia a comprendere per quale motivo le api si sacrifichino in questo modo non solo per la difesa dell’alveare, ma per tutte quelle attività che determinano la sopravvivenza dello stesso: non capita raramente infatti che le api lavorino fino a consumarsi le ali, o muoiano stremate sopra ai fiori, svolgendo diligentemente fino all’ultimo respiro il loro lavoro.
Perché avviene tutto ciò? Perché tutto questo fa parte del “gioco della sopravvivenza” del super organismo.
IL GIOCO DELLA SOPRAVVIVENZA: LA SCIAMATURA
In ogni alveare decine e decine di api muoiono ogni giorno, ma molte di più ne nascono per far sì che il superorganismo possa un giorno moltiplicarsi attraverso il fenomeno della sciamatura.
Quando l’alveare è all’apice della forza, la regina regnante se ne va con circa la metà delle api e le scorte di miele necessarie per poter costruire un nuovo nido altrove.
All’interno dell’alveare abbandonato rimangono quindi l’altra metà delle api e la nuova regina nascente che da quel momento in poi governerà l’alveare avvantaggiandosi di ciò che ha ereditato, cioè i favi di cera già costruiti ed una buona razione di scorte.
Se vuoi qualche informazione in più in merito alla sciamatura, ti rimando a questo articolo che ho realizzato: Sciame vicino casa: che fare?
Parliamo di sciamatura quindi, perché alla base di tutto ciò che le api fanno c’è l’istinto di conservare e diffondere il proprio patrimonio genetico.
Abbiamo visto che alle api per poter sciamare serve del miele, che è sostanzialmente il loro carburante. Il miele è quindi un prodotto delle api e viene immagazzinato in abbondanza per istinto di sopravvivenza.
La strategia di sopravvivenza del superorganismo consiste infatti nel produrre in abbondanza api, miele e polline, per compensare tutte quelle perdite che normalmente avvengono negli alveari per i motivi più disparati e fuori dal suo controllo, come ad esempio:
- Perdite di api per malattie.
- Saccheggi da parte di predatori.
- Periodi di carestia per via del clima.
Anche in natura dentro al tronco di un’albero in una foresta sperduta, le api cercheranno di accumulare miele, possibilmente andando oltre a quanto gliene servirebbe per sopravvivere.
Quello che fa l’apicoltore, sapendo quanto miele occorre alle api per passare l’inverno, è prelevare il surplus di miele immagazzinato nelle parti più alte dell’arnia in un’apposita “scatola” di legno chiamata MELARIO.

Ecco le varie parti che compongono un’arnia, la casa che gli apicoltori forniscono alle api. Le api popolano l’arnia, costruiscono i favi di cera e svolgono il loro lavoro come fanno da milioni di anni.
Per svolgere queste operazioni esistono tanti metodi diversi, per non infastidire particolarmente le api è possibile rimuoverle dai telaini utilizzando una spazzola a setole molto morbide oppure installare un apiscampo, cioè un dispositivo che permette alle api di scendere dal melario al nido ma non di risalire.
Installare l’apiscampo uno o due giorni prima di prelevare il melario è un ottimo metodo per portare i melari in laboratorio senza arrecare troppo fastidio alle api.
FARE APICOLTURA NON E’ NATURALE
Alcune persone sono convinte che gli apicoltori rinchiudano le api all’interno delle arnie in qualche modo, per cui vorrei cogliere l’occasione per chiarire questo aspetto grazie al quale spesso si dà luogo a grossi fraintendimenti.
Le arnie sono soltanto un contenitore reso appositamente ospitale dall’apicoltore con lo scopo di fornire alle api una casa e di farle sentire come a casa loro. La conoscenza basilare del comportamento delle api ha permesso negli anni di realizzare arnie in grado di ospitare questi insetti e al tempo stesso produrre miele in eccedenza. Tutto questo ovviamente senza la necessità di uccidere tutte le api, come invece avveniva in passato.
Le api volano ed è proprio volando che raccolgono nettare e polline e producono miele.
Potrebbero andarsene in qualsiasi momento dalle arnie in legno che gli vengono fornite, il fatto è che quando scelgono un luogo per fondare la propria colonia se ne vanno solamente durante la sciamatura (ma non tutte, come abbiamo visto) oppure se accadono fenomeni particolarmente stressanti che le obbligano ad abbandonare la propria casa.
L’ingresso delle arnie rimane sempre aperto, per cui le api non vengono affatto rinchiuse o segregate!
Per alcune persone inserire api dentro ad arnie in legno costruite dall’uomo non è considerato “naturale”.
Questa cosa mi ha dato molto da riflettere e dopo essermi documentato e confrontato con altre persone (apicoltori e non) ho capito che ogni persona possiede una personalissima versione del significato della parola naturale.
- È naturale che le api vadano ad insediarsi dentro al cassettone di una serranda?
- È naturale mangiare frutta e verdura in qualsiasi stagione proveniente da qualsiasi parte del mondo?
- È naturale mangiarsi un pomodoro o una mela frutto di migliaia di anni di selezione effettuata dall’uomo?
Potremmo andare avanti all’infinito…
Se è naturale tutto ciò che non è stato creato dall’uomo allora dovremmo regredire tutti allo stato delle tribù di cacciatori/raccoglitori dove si raccoglie ciò che si trova in natura, non facendo alcun tipo di selezione.
Cosa è naturale e cosa non lo è? Finché non riusciremo a metterci d’accordo sulla definizione di naturale, sarà meglio utilizzare questo termine con parsimonia.
IL MIELE
Ma come viene tecnicamente prodotto il miele dalle api?
Le api prelevano il nettare zuccherino così com’è dai fiori.
Poiché questo nettare è principalmente formato da acqua e zuccheri, le api provvedono a portarlo dentro all’alveare e ad asciugarlo, altrimenti per via l’alta percentuale d’acqua andrebbe a male (cioè fermenterebbe).
Per asciugarlo consegnano il nettare alle api di casa, che provvedono a far evaporare l’acqua in eccesso esponendo la gocciolina di miele in formazione all’aria calda e asciutta dell’alveare. La gocciolina è poi deposta all’interno delle cellette dei favi dove si completa il processo di evaporazione (maturazione), fino a raggiungere il livello necessario a rendere conservabile il prodotto. A quel punto la celletta dell’alveare viene sigillata con uno strato di cera (detto opercolo).
Non è corretto affermare (come fanno alcuni) che il miele sia vomito d’ape, in quanto il miele che viene passato da un’ape all’altra staziona in una sacca chiamata borsa melaria che non è lo stomaco dell’ape e non è nemmeno l’equivalente del nostro stomaco (se proprio vogliamo paragonare la nostra fisiologia a quella delle api).

Rappresentazione estremamente semplificata dell’apparato digerente dell’ape. Il miele non è quindi “vomitato” dall’ape, poiché quando arriva allo stomaco viene assorbito ed utilizzato come nutrimento.
La borsa melaria serve proprio a favorire lo scambio di miele da un’ape all’altra attraverso un fenomeno altamente sociale chiamato trofallassi.
Quando le api vogliono nutrirsi, non fanno altro che lasciar passare il miele dalla borsa melaria al vero e proprio stomaco, dal quale il miele non risale più. Quindi l’analogia che a volte si fa per impressionare negativamente i consumatori di miele lascia il tempo che trova.
L’IMPOLLINAZIONE
Le api, così come tutti gli esseri viventi, sono estremamente importanti per l’uomo e per tutto il regno animale e vegetale.
Il servizio più importante che noi consumatori siamo abituati a dare per scontato è quello dell’impollinazione.
L’apicoltore oggi si trova ad essere sempre più spesso quella figura di mezzo fra l’agricoltore ed il consumatore finale.
Si dice infatti che le api siano degli ottimi bioindicatori, vale a dire che restituiscono all’apicoltore informazioni utili a comprendere se l’ambiente in cui lavorano è salubre o meno.
Teniamo sempre a mente che questi insetti hanno un raggio d’azione, detto di bottinamento, estremamente ampio (parliamo di svariati ettari).
Su queste superfici ogni singolo alveare effettua milioni di campioni quotidianamente (prelevando nettare e polline) su piante e fiori nell’area circostante, per cui riescono a restituirci una fotografia estremamente fedele dell’ambiente in cui vivono.
Ci sono molti apicoltori oggi che hanno a cuore il benessere delle proprie api (del resto se stanno bene loro, stiamo bene anche noi) e che producono miele rispettandole profondamente, con cure ed attenzioni che chi non è del settore difficilmente potrebbe immaginare.
Spesso si sente dire “gli apicoltori sfruttano le api” ma la questione è molto più complessa.
Se si ragiona in questi termini potremmo anche dire che chi mangia solo verdura sfrutta allo stesso modo il lavoro delle api e degli impollinatori. Anzi, a conti fatti mangiare alcuni tipi di frutta e verdura impatta sulle api in misura maggiore rispetto al lavoro degli apicoltori.
Facciamo un esempio, parliamo dell’utilizzo dei pesticidi.
L’UTILIZZO DEI PESTICIDI
Lo scopo primario dei pesticidi è quello di uccidere/controllare insetti, acari e microrganismi.
E qui nasce il problema, perché anche le api sono insetti!
La produzione di frutta e verdura in regime di monocoltura è un vero e proprio flagello per le api e gli altri insetti impollinatori.
Quando concentriamo una singola coltura (come ad esempio avviene nei mandorleti Californiani) eliminando tutto il resto per ettari ed ettari, creiamo sostanzialmente due grossi problemi:
- Concentriamo tutti i parassiti di quella particolare coltura in una singola zona, permettendo loro di espandersi e di creare potenzialmente danni ingenti. Per ovviare a questo si rende necessario l’utilizzo di insetticidi che purtroppo vengono spesso usati in sovradosaggio, per non rischiare di perdere o vedere danneggiato il raccolto.
- Costringiamo le api a nutrirsi solo ed esclusivamente su un tipo di coltura che generalmente ha una durata limitata.
E quando la coltura sfiorisce che succede?
Le api e gli impollinatori non hanno più nulla da mangiare, si trovano di fronte ad un vero e proprio deserto alimentare.
Per via dell’assenza degli impollinatori, l’industria delle mandorle della California, che produce circa l’80% delle mandorle che troviamo nel mondo, è costretta ad assoldare apicoltori che viaggiano attraverso tutta l’America solo per impollinare queste piante.
Durante questo periodo le api vengono nutrite artificialmente, irrorate di pesticidi e sono costrette a sopportare viaggi su camion di migliaia di km (pratica che non è affatto priva di conseguenze, dato che sui lunghi trasporti si registrano varie perdite di alveari).
Personalmente non condivido la scelta di fare nomadismo (ovvero lo spostamento degli alveari sulle varie fioriture), perché si tratta di una pratica molto stressante per le api.
Ma c’è chi lo fa e credo sia giusto prendere atto di questo, ovvero del fatto che non tutti praticano l’apicoltura allo stesso modo.
Esistono persone che mettono l’ape al centro della propria azienda apistica così come ci sono persone che mettono la produzione di miele al primo posto. Ciò che possiamo fare è scegliere, informarci, fare domande e premiare chi lavora in maniera eticamente responsabile.
Il miele è un alimento che ha rivestito un ruolo fondamentale nell’evoluzione dell’uomo (qui puoi trovare l’articolo che Silvia ha scritto a riguardo), depennarlo dalla propria dieta solamente perché alcune aziende spingono troppo sulla produzione, sarebbe come non comprare più scarpe a prescindere perché alcune aziende nel mondo praticano lo sfruttamento minorile in paesi del terzo mondo per la manodopera.
E degli altri prodotti dell’alveare che cosa possiamo dire? Parliamo della cera:
IL “FURTO” DI PROPOLI E CERA

Foto di ape sul favo di cera costruito.
La cera dei favi viene (di norma) sostituita periodicamente dall’apicoltore. Noi ad esempio cerchiamo di sostituire almeno due favi all’anno per ogni alveare, di modo che ogni famiglia non abbia favi più vecchi di 5 anni. Quello che accade è che i favi col tempo tendono a diventare sempre più scuri fino a raggiungere un colore nero-pece.
Più questi favi vengono utilizzati per deporre le uova, più lo spazio all’interno delle cellette diminuisce, dato che i bozzoli delle larve (detti esuvie) non vengono rimossi e quindi di anno in anno lo spazio disponibile alle api nascenti diventa sempre più risicato. Sostanzialmente col passare degli anni nascono api sempre più piccole.
Al tempo stesso la cera (che si comporta un po’ come una spugna) accumula sporcizia. Il rinnovamento periodico dei favi quindi presenta molteplici vantaggi:
- Contribuisce alla salute delle api attraverso il mantenimento sul lungo periodo di un ambiente salubre.
- Permette inoltre alle operaie di far lavorare le ghiandole della cera, grazie alle quali costruiscono con le loro stupefacenti opere di ingegneria i favi.
Come per tutto, esistono metodi più o meno etici per estrarre questi materiali, ad esempio è possibile spingere al massimo la produzione di cera o di propoli utilizzando particolari stratagemmi, ma come si è già detto non tutti gli apicoltori lavorano allo stesso modo e piuttosto che demonizzare tutta la categoria, ha decisamente più senso fare domande e interrogarsi su come lavora il proprio apicoltore o azienda di fiducia.
Il beneficio in questo caso sarà sia per le api che per il consumatore e l’apicoltore stesso!
LA SOPRAVVIVENZA IN NATURA

Api “naturalmente” insediate nel cassettone di una serranda presso una vecchia colonia estiva abbandonata.
I grandi problemi delle api oggi vanno principalmente ricondotti all’utilizzo spesso massiccio di pesticidi in agricoltura e alla presenza endemica dell’acaro varroa che indebolisce le api e le rende meno reattive in caso di problemi sanitari. Se ti interessa approfondire, ne ho parlato più nello specifico in questo articolo sulla varroa. Trovi inoltre in altri miei articoli informazioni sulle cause del declino degli impollinatori e su come si possono aiutare le api.
Un’apicoltura attenta può permettere alle api di superare questi momenti di grandissima difficoltà; la gestione di questo acaro che, ripeto, è presente in tutte le famiglie di api, ha priorità assoluta nella conduzione degli alveari ed è una lotta impegnativa (sia in termini economici che in termini di tempo), che vede l’apicoltore al fianco delle api e non come antagonista!
CONCLUSIONI
Mangiare miele prodotto responsabilmente crea più domanda per quello specifico tipo di prodotto. Credo fermamente sia giusto premiare chi produce rispettando le api, piuttosto che fare di tutta l’erba un fascio.
In Italia ci sono moltissimi apicoltori hobbisti che hanno estrema cura delle proprie api e non commercializzano un grammo di miele, al tempo stesso forniscono uno straordinario servizio di impollinazione ed incentivano la biodiversità vegetale.
Possiamo forse incolpare anche loro di sfruttare le api?
Se è anche vero che il miele (almeno al giorno d’oggi) non è un prodotto essenziale alla nutrizione umana, non si può certo dire lo stesso di tutta la frutta e la verdura che mangiamo quotidianamente grazie al lavoro delle api. (Per maggiori info leggi l’articolo: conseguenze della scomparsa degli impollinatori).
Come abbiamo visto, il mondo vegetale ed animale sono sistemi interconnessi ed estremamente complessi.
Sono mondi in cui il bianco e il nero non esistono, ci sono bensì svariate sfumature che, ancor prima di essere giudicate, andrebbero innanzitutto comprese.
Apprezzerei molto vostri commenti e domande su questo articolo! Usate il box dedicato ai commenti per farmi sapere cosa ne pensate. Iscrivetevi al blog o alle nostre pagine Facebook, Twitter, YouTube ed Instagram per avere sempre aggiornamenti in tempo reale!
A presto!
Luca
Luca Cosco
Ciao e bell’articolo. Che tipo di trattamento fate contro la varroa.
Ciao.
Luca
Luca
Ciao, grazie Luca!
Noi facciamo due trattamenti di ossalico gocciolato, quello estivo con blocco artificiale mentre per l’altro si aspetta il blocco naturale.
Luca.
Alberto
Ciao Luca, bell’ articolo e soprattutto molto chiaro, grazie mille!
Una domanda: la sciamatura avviene anche in apicultura o solo negli alveari naturali? Chiedo per capire se il fatto di prelevare il miele blocchi o rallenti il processo di sciamatura.
Grazie
Luca
Ciao Alberto, la sciamatura avviene anche in apicoltura, generalmente però si cerca di gestirla ed esistono vari modi per farlo.
Anche qui ci sono alcune pratiche più drastiche ed altre che invece si avvicinano di più alla natura dell’ape, ma è giusto sottolineare che si tratta sempre di compromessi.
Nel momento in cui si decide di praticare apicoltura da reddito inevitabilmente si va a togliere qualcosa alle api, ma se lo si fa in maniera coscienziosa e ci si prende cura di loro sono convinto che la collaborazione sia assolutamente equa.
Renato
Scusa l’ignoranza; ma il miele prodotto dalle api non è principalmente il loro nutrimento? Se l’apicultore lo estrae toglie (gran parte) del loro nutrimento?
Se non esistesse questa procedura – umana – l’ape come si comporterebbe?
Grazie
Luca
Ciao Renato, indubbiamente le api producono miele per loro. Ciò che fa l’apicoltore è fornire loro una casa ed aiutarle in caso di bisogno, prendendo in cambio parte del miele in eccesso.
Nello specifico, l’apicoltore lascia alle api una quantità più che sufficiente di miele nella parte più bassa dell’arnia (il cosiddetto NIDO, vedi lo schema dell’arnia nell’articolo).
Il surplus di miele che viene immagazzinato dalle api nei MELARI è quello che l’apicoltore preleva per autoconsumo o per produrre reddito.
Su come si comportano le api in natura ti invito a rileggere l’articolo, se poi hai domande più specifiche commenta pure.
Buona serata!
Franco
Bravo. Sono apicoltore hobbista da trent’anni e ti ho trovato chiaro, esaustivo e competente. Da ora in poi rispondero’ con un link a questo articolo alle curiosità e alle battute.
Luca
Grazie mille Franco! Buona giornata !
Anonimo
Ciao Luca buongiorno volevo chiedere un’informazione le api possono restare senza la regina
Luca
Ciao, vuoi sapere se possono sopravvivere? Scusa ma la domanda non è molto chiara.
Enrico
Sono un apicoltore hobbista. L’articolo spiega in modo chiaro per chiunque che cosa sono le api, o meglio il superorganismo e l’apicoltura. Bel lavoro. Molti ignorano l’importanza del lavoro delle api, che, come giustamente spieghi, non si limita alla sola produzione di miele, ma va ben oltre.
Luca
Ciao Enrico!
Attraverso articoli, video e podcast ce la mettiamo tutta per trasmettere la passione che abbiamo per il mondo delle api.
Grazie per il commento e buona giornata!
Corso
Grazie mille..Articolo molto esaustivo e facilmente comprensibile anche per chi, come me, si sta appena affacciando al meraviglioso mondo delle api. Tra un mesetto dovrei iniziare un corso di apicoltura base organizzato dall’ARPAT e volevo chiedervi se avete delle conoscenze dalle parti di Firenze da cui poter effettuare una specie di stage o comunque fare pratica. Vi ringrazio in anticipo.
Corso
Luca
Ciao, purtroppo non abbiamo indicazioni specifiche a riguardo.
Però è possibile che al corso o alla tua associazione apistica di zona sappiano indirizzarti verso qualche apicoltore esperto disposto ad insegnarti qualcosa, in cambio di un po’ d’aiuto.
In bocca al lupo e buon corso!
Michela
Ciao, articolo molto interessante e chiaro per me che non so granché sull’argomento. Volevo chiedere una cosa, più che altro per essere sicura di aver capito: è giusto affermare che il surplus del miele prelevato dall’apicoltore verrebbe normalmente utilizzato dalle api solo in caso di necessità (es. Perdite improvvise o simili)? Però, poiché l’apicoltore (teoricamente) si assicura il benessere dell’alveare, le api non hanno bisogno di avere scorte?
Silvia
Ciao Michela, nella norma i kg di miele che le api utilizzano per sopravvivere all’inverno li possono sempre trovare nel nido, dove l’apicoltore di norma non va a togliere miele.
Come hai giustamente detto il surplus che le api raccolgono (e che l’apicoltore fa immagazzinare nel melario) può servire a tamponare perdite improvvise, ma anche per prepararsi alla sciamatura e continuare quindi a diffondere il proprio patrimonio genetico.
Se in un’annata particolare le api si trovano alle porte dell’inverno con poche scorte anche nel nido, allora l’apicoltore può intervenire fornendo nutrizione di supporto in modo da aiutarle ad arrivare al successivo raccolto primaverile.
In natura non tutte le famiglie riescono a sopravvivere, a volte per mancanze loro, altre a causa di parassiti e malattie, ma anche semplicemente a causa di condizioni climatiche avverse e persistenti. In questo senso l’apicoltore può intervenire per far sì che le api sopravvivano in momenti di crisi e prosperino in momenti di abbondanza.
Detto questo, ci sono anche apicoltori spregiudicati ma da che mondo è mondo del marcio purtroppo lo si trova ovunque.
Se alcuni termini non sono chiari tipo “nido” o “melario” puoi far riferimento alle immagini di questo articolo, e se hai altre domande chiedi pure!
Luca
Ciao Michela, nella norma i kg di miele che le api utilizzano per sopravvivere all’inverno li possono sempre trovare nel nido, dove l’apicoltore di norma non va a togliere miele.
Come hai giustamente detto il surplus che le api raccolgono (e che l’apicoltore fa immagazzinare nel melario) può servire a tamponare perdite improvvise, ma anche per prepararsi alla sciamatura e continuare quindi a diffondere il proprio patrimonio genetico.
Se in un’annata particolare le api si trovano alle porte dell’inverno con poche scorte anche nel nido, allora l’apicoltore può intervenire fornendo nutrizione di supporto in modo da aiutarle ad arrivare al successivo raccolto primaverile.
In natura non tutte le famiglie riescono a sopravvivere, a volte per mancanze loro, altre a causa di parassiti e malattie, ma anche semplicemente a causa di condizioni climatiche avverse e persistenti. In questo senso l’apicoltore può intervenire per far sì che le api sopravvivano in momenti di crisi e prosperino in momenti di abbondanza.
Detto questo, ci sono anche apicoltori spregiudicati ma da che mondo è mondo del marcio purtroppo lo si trova ovunque.
Se alcuni termini non sono chiari tipo “nido” o “melario” puoi far riferimento alle immagini di questo articolo, e se hai altre domande chiedi pure!
Jessica
Su una cosa sono totalmente in disaccordo: non è vero che oggi il miele non sia più un alimento necessario! Proprio a causa degli zuccheri raffinati, che fanno malissimo e sono ovunque, bisognerebbe sostituire quella immonda schifezza con il miele e gli zuccheri naturali della frutta! 😉
Luca
Ciao Jessica,
gli zuccheri in generale andrebbero limitati nella nostra dieta.
L’OMS nelle sue linee guida sugli zuccheri parla della categoria “zuccheri aggiunti” fra i quali rientrano zucchero di cocco, zucchero di palma, sciroppo d’acero, sciroppo d’agave, sciroppo di riso, sciroppo di malto di riso, sciroppo di glucosio, sciroppo di mais e così via. Fra questi zuccheri aggiunti che andrebbero limitati però rientra anche il MIELE.
In sostanza se ne raccomanda un uso ridotto nella nostra dieta per tutta la durata della nostra vita.
Non sono stati riscontrati gli stessi problemi invece se questi zuccheri vengono assunti attraverso il consumo di frutta tal quale (quindi non sotto forma di frullati o estratti ad esempio).
Insomma nessun problema se si usa il miele a colazione o per qualche piccola preparazione culinaria, ma attenzione a non abusarne per il fatto che comunemente viene visto come un “alimento naturale”.
Se può interessare un approfondimento, allego il link ad un video di Dario Bressanini che ne parla in maniera più estesa: https://www.youtube.com/watch?v=BdXOldxkYC4
Maria
Ciao e grazie per questo interessante articolo. Solo un chiarimento su un passaggio che trovo in disaccordo con ciò che mi ha spiegato un apicoltore. Precisi che le api sono libere di andare e venire perché l’aria è aperta, ma non menzioni la regina. È noto che le api operaie stiano dove sta la regina. Mi è stato spiegato che questa è appunto intrappolata, in uno spazio chiuso da una rete, in modo che non scappi, perché altrimenti le api la seguirebbero. Quindi non sarebbero propriamente libere, in quanto è intrappolata la regina, e le altre si limitano a tornare dove la regina sta. Questa pratica vale per tutti gli apicoltori o anche in questo caso dipende dall’etica con cui si lavora?
Luca
Ciao Maria, in questo caso l’etica non c’entra.
Anche l’apicoltore più spregiudicato in realtà ha la necessità che la regina sia libera di circolare sui favi per poter deporre le uova e quindi mantenere le famiglie ben popolate. Senza un buon numero di api non si riuscirebbe a produrre miele. Temo che l’apicoltore di cui parli non si sia spiegato bene o abbia fatto confusione.
La regina viene però ingabbiata per alcuni giorni ogni anno quando arriva il momento di fare un particolare trattamento per il controllo della varroa (trattamento che senza l’ingabbiamento sarebbe inefficace).
La varroa è un parassita endemico nelle api mellifere che si riproduce a spese della covata, per cui lo scopo di questo trattamento è quello di interrompere temporaneamente la deposizione delle uova da parte della regina ed andare a colpire le varroe presenti sulle api adulte.
Le alternative all’ingabbiamento consistono in trattamenti più impattanti su tutte le api e che spesso lasciano anche residui nella cera e nei prodotti dell’alveare.
Se ti interessa approfondire puoi cercare “blocco di covata” su questo blog, tempo fa scrissi un breve articolo a riguardo corredato da alcune foto.
Francesco
Ciao,
Ottimo articolo e anche chiaro. Io sono in consumatore di miele, e lo uso tutti i giorni e di tutti i tipi. Ma un consumatore come fa a sapere se il miele è stato prodotto nel rispetto delle api? Esiste un sistema come per le uova (all’aperto…in gabbia etc)
Grazie
Luca
Ciao Francesco,
c’è un disciplinare per quanto riguarda la certificazione biologica che si riferisce (semplificando all’osso) principalmente alle sostanze che vengono utilizzate per i trattamenti obbligatori che tutti gli apicoltori devono effettuare annualmente e sono più stringenti rispetto alla conduzione convenzionale.
Per quanto riguarda l’aspetto etico invece il discorso è molto più complesso, e nonostante siano stati fatti dei tentativi di certificazione in tal senso (mai realmente andati in porto finora) possiamo dire che sta tutto alla sensibilità del singolo apicoltore e del consumatore.
Gianca
Grazie Luca!
Mi è piaciuto tutto l’articolo e mi sono letto tutte le domande e risposte…
Inizio il prossimo anno con 2 i 3 arnie Dadant Blatt più una Topbar…
Non facendolo “per lucro”, vorrei applicare, anche per le Dadant Blatt, favi naturali e non “fogli cerei”. Inoltre in queste applicare il “distanziamento Mussi”… In preparazione seminerò trifogli, tarassaco e pianterò lavanda, girasoli ed alcune piante… Saranno poca cosa rispetto a quelle che bottineranni Loro nel raggio di 3 o 4 km, ma mi piace l’idea di arricchire un po’ la flora della zona…
Quando ci si avvicina alle Api… lo sguardo si apre… “a tutto tondo”!
Grazie ancora!!!
E,,, bee Happy!!!
Luca
Grazie a te e buon lavoro!
Moreno
Oggigiorno le persone soffrono tendenzialmente di sovralimentazione !
Il diabete è ormai “presente” in quasi tutte le persone che sommato ad altre patologie è mortale !
Il miele è “ptaticamente” composto da zuccheri !
Ergo, trattasi di una sostanza non più raccomandabile, sovra reclamizzata e non propriamente sana da proporre !
È prodotto dalle api quale riserva di sostentamento.
Perciò viene rubato/saccheggiato/estromesso dall’alveare in modo subdolo dall’essere umano.
Perciò, si dica pure ciò che si vuole, ma è un atto basilare contro natura !
Se poi si pensa che per ovviare alla mancanza del nutrimento da loro (le api) generato, vengono date loro, in cambio, le più subdole porcherie prodotte dall’uomo, quali sostituti a ciò che è stato rubato.
Io mi vergognerei di essere apicoltore.
Sarebbe ora di ridimensionare un “nutrimento” che al giorno d’oggi, non ha più ragione di esistere e specialmente COMMERCIALIZZATO !
Luca
Sicuramente gli zuccheri (di qualsiasi tipo) devono essere consumati con parsimonia, su questo non ci piove.
Fortunatamente però in questa parte del mondo non si mangia solo ed esclusivamente per fame ma anche per soddisfare il proprio palato.
Insomma, se ogni tanto ci concediamo qualcosa di dolce dovremmo riuscire tranquillamente a sopravvivere.
In merito alla questione etica, noi non ci vergognamo affatto di essere apicoltori. Lo facciamo con coscienza e grande impegno.
Mi spiace si sia fatto un’idea sbagliata sul mestiere dell’apicoltore ma posso solo dirle che se non ha voglia o tempo di informarsi dovrebbe quantomeno evitare di gettare fango su un’intera categoria.
Il concetto del “contro natura” lo abbiamo affrontato proprio nell’articolo, quindi sospetto che lei abbia commentato senza leggere.
Purtroppo (o per fortuna) di atti “contro natura” oggi ne compiamo molti: utilizziamo automezzi per spostarci, mangiamo cibo proveniente dall’altra parte del mondo e utilizziamo internet per comunicare attraverso dispositivi che hanno fatto il giro del pianeta.
Se desidera un ritorno alle origini e a tutto ciò che è naturale dev’essere disposto a rinunciare anche alla stessa scienza che le ha permesso di commentare questo articolo o di sapere che gli zuccheri se consumati in eccesso fanno male alla salute.
Enrico
Ciao Luca,
Davvero un bell’articolo. Ti ringrazio per le preziose (e ben spiegate) informazioni.
Luca
Grazie Enrico!
Elena
Volevo solo fare i complimenti per come è stato scritto l’articolo e la gentilezza ed educazione nelle risposte. Detto ciò credo sarebbe bello avere delle certificazioni nel settore che permettano di scegliere quegli apicoltori che perseguono il bene delle api.
Luca
Grazie Elena,
di certificazioni se ne sono proposte molte ed alcune sono già in essere.
Le conoscenze sulla biologia delle api (non solo quelle da miele) aumentano costantemente per cui sarà interessante seguire la questione e capire se si sarà in grado di tenere il passo.
DanielaRosa
Salve per quanto riguarda il miele che potrebbe mancare alle api,ho letto che gli apicoltori utilizzano altri zuccheri per nutrire le api.E’ giusto questo?..le api cosi non si ammalano?..ma visto che vi sono zuccheri da altre piante e possono essere anche realizzati in sciroppi..perche continuare.a disturbare le importantissime api per il miele che e’ il loro nutrimento? E’ come togliere il latte al vitellino perche venga usato x il consumo umano..e non ne abbiamo bisogno…si continua a togliere agli animali invece che essere parte di una Natura che dobbiano liberare dalle contaminazioni…
Grazie per ascolto
Luca
Ciao Daniela e grazie per il tuo commento, è molto interessante.
E’ vero che le api possono ritrovarsi ad avere poco miele. Questo però può accadere sia che le api si trovino in natura, sia che si trovino all’interno di un’azienda apistica.
La differenza è che se in natura le api senza cibo non riescono a superare l’inverno, all’interno delle aziende apistiche l’apicoltore (che ha interesse nel far sopravvivere le sue api) può intervenire con del nutrimento di emergenza.
Dico questo per sottolineare il fatto che se il clima è sfavorevole, l’apicoltore non solo può vedere le sue produzioni azzerate ma potrebbe anche dover sborsare del denaro di tasca propria solo per mantenere in vita le famiglie di api.
Io non faccio apicoltura da reddito ma tengo a precisare che molti apicoltori professionisti hanno un rispetto ed una connessione affettiva molto profonda nei confronti delle proprie api.
Esistono tuttavia casistiche nelle quali un apicoltore senza scrupoli potrebbe scegliere di esagerare con queste nutrizioni per riuscire in vari modi ad aumentare le produzioni ma per quanto ho avuto modo di vedere si tratta di pratiche che fortunatamente pur essendoci non sono affatto la norma. Di questo ovviamente non c’è da stupirsi: i “furbi” esistono in qualsiasi settore.
Il paragone con il vitello a mio parere calza poco perché ogni specie possiede peculiarità proprie talmente specifiche da rendere difficili paragoni di questo tipo.
Con questo non intendo dire che la vita delle api “valga meno” di quella di un vitello ma soltanto che bisogna conoscere piuttosto a fondo la vita delle api per capire cosa sia una forzatura e cosa non lo sia, molte cose ancora siamo lontani dal comprenderle.
Io stesso sono molto critico nei confronti di un certo tipo di apicoltura, ma ciò che voglio dire è che prima di muovere critiche bisogna cercare di approfondire la materia altrimenti si rischia di prendere fischi per fiaschi.
Se ad esempio prendiamo un gatto e lo trattiamo come fosse un bambino pur pensando di fargli del bene ed agendo in buona fede con tutta probabilità gli stiamo facendo violenza.
Ovviamente qui nessuno sostiene che al giorno d’oggi abbiamo bisogno del miele per sopravvivere (ad esclusione forse di qualche tribù).
E’ vero che non ci serve, ma il discorso si può estendere a tutti quei beni che non sono di prima necessità.
Al giorno d’oggi purtroppo (o per fortuna) abbiamo accesso a tantissimi alimenti provenienti da ogni parte del mondo e dei quali in larga parte non avremmo bisogno.
Abbiamo accesso anche a tante altre cose che non sono alimenti e tecnicamente non ci servirebbero per sopravvivere (computer e smartphone grazie ai quali stiamo conversando per esempio).
Quando si parla di priorità e sensibilità individuali si entra in un vero e proprio ginepraio dove chiunque prima o poi cade inevitabilmente in contraddizione.
Io posso nel mio piccolo comprare frutta locale e di stagione ma non mi sento titolato a giudicare chi decide di gustarsi un mango preso al supermercato; la voglia di concedersi quel qualcosa in più rispetto a ciò che è strettamente necessario per sopravvivere in fin dei conti fa un po’ parte della natura umana.