Qual è il miele per uso medico? Come lo si potrebbe usare in ambito ospedaliero? Benvenuti alla parte finale della trilogia dedicata al “Miele in medicina”! Non perdetevi anche gli altri articoli:

  1. La proprietà antibatterica: quali sono le caratteristiche che rendono il miele “antibatterico”?
  2. Il miele di Manuka: perché è considerato il miele “medico per eccellenza”?
  3. Miele per uso medico.

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PRECISAZIONI

  • Il miele è un ALIMENTO, un cibo, un dolcificante, un ottimo accompagnamento a formaggi, dolci e molte altre preparazioni culinarie.
  • Con il presente articolo non vogliamo invitarvi ad usare il miele come “farmaco casalingo”.
  • Non spalmatevi le ferite di miele perché potreste peggiorare la vostra condizione.
  • Con questo articolo non vogliamo in alcun modo invitarvi all’uso di miele di grado medico, ma solo informarvi su di esso.
IL MIELE NON VA INTESO COME UN SOSTITUTO AI FARMACI DATI IN PRESCRIZIONE DAL VOSTRO MEDICO, IN QUANTO NON E’ UN MEDICINALE.

 

Detto questo, procediamo pure!

 

UN PICCOLO RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

Prima di addentrarci nell’argomento, rivediamo a grandi linee quanto è stato riportato negli articoli precedenti.

  1. Il miele, inteso come sostanza in generale, ha dimostrato di avere proprietà antibatteriche dovute principalmente alla capacità di produrre perossido di idrogeno (acqua ossigenata).
  2. A sostegno di questa proprietà troviamo anche la sua pressione osmotica, dovuta alla forte concentrazione degli zuccheri (fino all’80%), in una risicata quantità d’acqua (17-18%).
  3. Infine, anche il pH leggermente acido (attorno al 3-4) aiuta l’azione antibatterica.
  4. Il miele di manuka, che produce una quantità molto piccola di perossido di idrogeno, si distingue per la presenza del metilglossale, il componente che maggiormente contribuisce alla sua azione antibatterica.
  5. Oltre al metilglossale, nel miele di manuka si trovano altre sostanze (leptosin e alcuni fenoli), alcune delle quali non sono ancora state identificate.
  6. Non tutti i mieli sono uguali, compresi quelli di manuka: ciò significa che alcuni possono non avere alcuna proprietà antibatterica (ad esclusione della pressione osmotica), per cui andrebbero testati in laboratorio (tipo per tipo, lotto per lotto) per cercare conferma.

 

MIELE DI GRADO MEDICO

Partiamo proprio dall’ultimo punto esposto: non tutti i mieli sono uguali. Quando si opera in campo medico, è facile comprendere che non è possibile utilizzare un farmaco o una terapia alla cieca. Per capirsi: non è possibile prendere il miele dell’apicoltore locale e spalmarselo addosso!

E’ per questo che negli anni è stato coniato il termine “medical grade honey“, che possiamo tradurre in italiano con miele di grado medico. Significa quindi che si è lavorato sulla standardizzazione del prodotto, in modo da poterlo rendere utilizzabile in campo medico.

Prima di tutto bisogna concentrarsi sull’attività antibatterica: nel tempo vari laboratori di ricerca ed anche le case farmaceutiche hanno iniziato a selezionare i vari tipi di miele, preferendo quello di manuka prima di tutti gli altri, alla ricerca di quelli con una buona potenza antibatterica. Ad esempio, i prodotti a base di miele registrati per uso medico presso la US Food and Drug Administration (l’ente governativo americano di riferimento) hanno generalmente un’attività antibatterica equivalente ad una soluzione di fenolo (un comune antisettico) che va dal 12 al 16% (peso/volume).

Un altro aspetto importante della standardizzazione del miele di uso medico è la sterilizzazione del prodotto.

 

MIELE STERILIZZATO?

Come è scontato pensare, un prodotto destinato all’uso clinico non può essere contaminato da agenti esterni.

Per questo motivo per lavorare il miele di uso medico c’è bisogno di laboratori di altissimo livello, sia in termini di strumentazione utilizzata che di igiene. Dopo una filtratura che permette di rimuovere quasi tutte le particelle estranee (polline, cera, parti di api morte, frammenti di vegetali/altri animali eccetera), il miele va sterilizzato.

Sebbene i batteri all’interno del miele non abbiano vita facile, ci possono essere altre sostanze che potrebbero danneggiare un paziente, piuttosto che aiutarlo a guarire. Ci potrebbero essere delle spore, le quali riescono tranquillamente a sopravvivere anche in un ambiente sfavorevole, nonché alcuni lieviti resistenti.

Per questo si ricorre alla sterilizzazione con l’irradiazione di raggi gamma, i quali riescono ad uccidere le eventuali spore presenti.

Perché non pastorizzare il miele, come si fare per il latte? Come dicevamo nel primo articolo, le alte temperature danneggiano le qualità antibatteriche del miele, e neutralizzano numerosi composti sensibili al calore.

 

PERCHE’ IL TIPO ED IL LIVELLO DI ATTIVITA’ ANTIBATTERICA SONO IMPORTANTI?

La standardizzazione del miele per uso medico è fondamentale per poterlo utilizzare efficacemente nella cura di ferite ed ulcere cutanee. L’applicazione locale di bendaggi a base di miele è risultata essere particolarmente efficace in questi casi.

Mieli per uso medico standardizzati con un medio livello di attività antibatterica (15% fenolo) possono subire numerose diluizioni prima di perdere totalmente la loro efficacia. Facciamo qualche esempio!

  • Una ferita può produrre fluidi: questi vanno a diluire il miele contenuto nel bendaggio medico, andando così a diminuire la potenza antibatterica del dispositivo. Anche il lavaggio della ferita aumenta la diluIzione.
  • Se il miele viene invece usato per le infezioni della bocca e dello stomaco, deve fare i conti con la saliva e i succhi gastrici.
  • Anche il tempo di contatto è importante: se lo si usa per alleviare un’infezione alla gola, rimane poco a contatto diretto con la zona interessata. Per riuscire ad avere un qualche effetto positivo, dovrà quindi avere una potenza antibatterica molto forte.
  • Inoltre le infezioni cutanee non sono soltanto superficiali, ma spesso coinvolgono anche gli strati sottostanti. Un miele con un’alta attività antibatterica sarà in grado di risolvere le infezioni superficiali ed anche di lavorare in profondità, resistendo alle diluizioni dei fluidi corporei.

In altre parole, se lo strumento di cura non è abbastanza potente, è del tutto inutile!

 

IL MIELE PER LE FERITE

Come forse avrete già potuto capire da soli, i migliori risultati si ottengono con mieli di grado medico di medio-alta potenza antibatterica. Il top della performance di questi dispositivi medici si ha con l’uso topico, specialmente sulle ferite cutanee. Ad ogni modo negli ultimi anni le sperimentazioni cliniche hanno allargato l’uso anche ai trattamenti orali e gastrointestinali.

Vediamo come lavora il miele in applicazione locale su ferite.

 

CHE TIPO DI AMBIENTE SI CREA?

Innanzitutto la pressione osmotica del miele assorbe i fluidi prodotti dalle ferite: ciò significa che tra la ferita e la fasciatura vera e propria si trova un sottile strato di liquido formato dalla mistura di miele e fluidi corporei.

La viscosità funge da barriera nei confronti di batteri esterni, che potrebbero contaminare la zona ed innescare peggioramenti, e le condizioni di umidità sulla superficie della ferita aiutano nella ricostruzione dei tessuti danneggiati.

Una benda secca, non umidificata da alcuna sostanza, finisce per attaccarsi alla ferita e, ad ogni medicazione, può portare via con sé parte dei tessuti rigenerati, rallentando così il processo di guarigione.
Invece l’ambiente umido e viscoso del miele impedisce alla benda di aderire alle zone in ricostruzione.

 

L’ACIDIFICAZIONE DELLA FERITA

Come abbiamo detto, il miele ha pH tendente all’acido. Nelle ferite, un ambiente acido porta ad un’accelerazione delle tempistiche di guarigione, perché migliora il rilascio dell’ossigeno a favore delle cellule che stanno formando i nuovi tessuti.
Allo stesso tempo, l’acidità disattiva quegli enzimi che rallentano la ricrescita “mangiando” i nuovi tessuti.

 

STOP AL PUS

Come abbiamo detto sopra, la pressione osmotica del miele assorbe i fluidi prodotti dalla ferita. Accade anche col pus: rimuovendolo, assieme anche ai tessuti morti, interrompe il processo infiammatorio da loro causato e velocizza la guarigione.

 

STOP AGLI ODORI!

No, non funge da deodorante, bensì il miele agisce nei confronti dei batteri anaerobici che talvolta infettano la ferita e che producono odori sgradevoli. Questi sono dovuti ai processi metabolici degli stessi batteri, i quali si cibano di proteine e rilasciano ammine e composti dello zolfo, che causano cattivi odori.
Il miele fornisce a questi batteri il glucosio: essi se ne nutrono e non rilasciano sostanze maleodoranti.

 

LA RESISTENZA DEI BATTERI

Come ho già affermato nel primo articolo, ad ora non sono stati rilevati ceppi di batteri resistenti all’azione antibatterica del miele. Questo lo rende adatto soprattutto in caso di infezioni causate da batteri che sono oramai ben resistenti ad alcuni farmaci di uso comune.

 

QUALI SONO I DISPOSITIVI MEDICI A BASE DI MIELE?

Attualmente in commercio si trovano:

  • bendaggi;
  • creme;
  • gel;
  • tubetti contenenti miele di grado medico.

Non tutti sono a base di miele di manuka: alcuni produttori usano mix appositamente formulati (e non specificati), oppure mieli multiflorali. Un produttore americano utilizza addirittura il miele uniflorale di grano saraceno.

Alcuni tra i Paesi dove sono stati registrati dispositivi medici a base di miele sono la Nuova Zelanda, gli Stati Uniti, il Regno Unito ed i Paesi Bassi.

Le licenze di produzione e vendita sono abbastanza recenti: la prima risale al 2004 e venne rilasciata ad un’azienda britannica. L’anno successivo i prodotti di questa azienda vennero addirittura inseriti nella lista di farmaci coperti dal servizio sanitario nazionale locale. Ad oggi vengono esportati in diversi Paesi europei, nonché in Asia e Oceania.

Il primo prodotto a base di miele di manuka venne invece registrato negli Stati Uniti nel 2007.

 

E con questo articolo si conclude la trilogia dedicata all’uso del miele in campo medico!

 

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A presto!

Silvia


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