Comunemente chiamata varroa, varroa destructor è un parassita proveniente dall’apis cerana (ape mellifera proveniente dalla Cina).

Mentre sull’apis cerana la varroa riesce a convivere senza causare particolari problemi, quando negli anni 40 la nostra ape europea venne introdotta in Asia sud-orientale per aumentare le produzioni di miele, accadde qualcosa di imprevisto.

Nel 1958 in Cina vennero riportati i primi casi di api europee aggredite in maniera massiccia dalla varroa.

A causa del commercio incontrollato di regine, la varroa si diffuse e venne avvistata in Bulgaria nel 1967. Raggiunse poi in maniera capillare l’Asia meridionale e sud-orientale, poi l’America Latina, il Nord Africa, l’Europa, gli Stati Uniti, la Nuova Guinea, il Regno Unito e la Nuova Zelanda.

In Italia lottiamo con questo parassita dal 1981, i primi casi riportati furono nel comune di Staranzano (Gorizia).

Fatto sta che attualmente la presenza della varroa è ubiquitaria, non è possibile pensare che i propri alveari non abbiano la varroa perché purtroppo oramai è diffusa ovunque (ad esclusione dell’Australia).

distribuzione della Varroa destructor

Distribuzione geografica della varroa.

 

Questo significa che ogni alveare del nostro apiario viene costantemente attaccato dal parassita, un parassita che se non viene contrastato, conduce gli alveari alla morte.

Non si può fare gli apicoltori oggi se non si è in grado di tenere a bada la varroa.

Questo acaro è dotato di un apparato pungente-succhiatore che utilizza per parassitizzare le api (sia la covata che le api adulte). Si attacca alle api adulte e si nutre del cosiddetto corpo grasso (un tessuto con funzioni analoghe al nostro fegato), e parassitizza la covata indebolendo le api nascenti.

 

COMPORTAMENTO

Il ciclo biologico della varroa è sincronizzato con quello delle api. Quando le famiglie di api non hanno covata, le varroe femmine svernano sul corpo delle api operaie, e possono rimanere in questa posizione fino a 6 mesi, nell’attesa che all’interno dell’alveare la regina riprenda a deporre.

Quando c’è presenza di covata, la varroa si introduce nelle celle che stanno per essere opercolate (cioè sigillate con un opercolo di cera per proteggerle le larve durante l’ultima trasformazione ad insetto perfetto).

Protetta dall’opercolo, la varroa si attacca alla larva per nutrirsi, ed inizia a deporre uova.

In questa situazione favorevole, la varroa sottrae nutrimento all’ape e, in caso di elevata infestazione, la porta alla morte prima dello sfarfallamento, oppure la rende facile preda di altre malattie.

 

I SINTOMI

Honey bee with Deformed Wing Virus and Varroa destructor.jpg
In questa foto sono chiaramente visibili le ali deformi. Un’ape come questa ha vita molto breve. Credito: By Stefan de KoninkOwn work, CC0, Link

 

  • Api senza ali, o ali rotte.
  • Api deformi (addome piccolo).
  • Api con ligula estroflessa che non riescono a nascere.

ATTENZIONE

Quando questi sintomi sono visibili sulle api, significa che la situazione è già compromessa!

 

IL PUNTO – LA SITUAZIONE ATTUALE:

  • Varroa molto aggressiva.
  • Oggi le api necessitano di principi attivi molto efficaci e di molti trattamenti.
  • C’è mancanza di nuovi principi attivi per contenere la varroa (oramai solo l’acido ossalico e l’acido formico funzionano).
  • È necessario mettere in atto il blocco di covata.

COSA FARE?

Ad oggi non esiste un metodo per estirpare il problema varroa in maniera definitiva, vengono quindi effettuati dei trattamenti di contenimento per pulire periodicamente le api e mantenere famiglie in forze.

Il vecchi modelli di lotta antiquata alla varroa ci hanno portato a:

  • Maggiore aggressività e resistenza (una varroa può dar vita a 3 generazioni al mese).
  • Diminuzione dell’efficacia dei principi attivi.
  • Maggiore suscettibilità delle api.
  • Inquinamento dei prodotti delle api se non trattate adeguatamente.

Per errati interventi che sono stati effettuati in passato, pensando di poter risolvere definitivamente il problema varroa, abbiamo messo in atto una selezione al contrario. Stroncando molte varroe abbiamo di fatto selezionato solamente quelle geneticamente più resistenti ed aggressive.

Possiamo quindi dire che purtroppo mentre l’ape non ha messo in atto alcuna difesa, la varroa al contrario sembra più che attrezzata per contrastare i nostri interventi.

È allora importante non agire solo ed esclusivamente sulla varroa, poiché sarebbe lo stesso approccio che certi agricoltori utilizzano con i pesticidi, occorre intervenire anche sugli altri problemi che le api (direttamente o indirettamente) hanno, in modo da poter allevare famiglie al massimo delle forze.

Per problemi mi riferisco, ad esempio, a:

  • Problemi sanitari.
  • Cambiamenti climatici.
  • Inquinamento ambientale.
  • Stress da allevamento.
  • Cattiva comunicazione fra le associazioni (ad esempio, coordinarsi per eseguire i trattamenti contemporaneamente diminuisce notevolmente le possibilità di reinfestazione da parte degli apiari vicini).

I trattamenti attualmente accettati anche in apicoltura biologica comprendono sostanze chimiche già presenti in natura, mi riferisco ai prodotti a base di acido formico (viene fatto evaporare all’interno dell’alveare) e di acido ossalico (viene somministrato liquido tramite gocciolamento o spruzzato, oppure sublimato con l’utilizzo di un sublimatore ed un’apposita maschera di protezione).

Sapendo che le caratteristiche discriminanti dei prodotti per i trattamenti sono:

  • Costo.
  • Farmacoresistenza.
  • Facilità di impiego.
  • Efficacia (deve essere superiore all’80%).

Trattamenti come lo spolveramento con zucchero a velo effettuati settimanalmente (per favorire il grooming, ovvero lo “spulciamento” delle api) hanno, al massimo, l’effetto di mantenere la varroa stabile, non quindi sono efficaci.

L’adozione di tecniche apistiche come lo spazio Mussi, dopo essere state sottoposte a studi scientifici, hanno dimostrato di non essere efficaci (solo 5% di caduta di varroe).

Lo scopo principe della lotta alla varroa è quindi quello di far innanzitutto sopravvivere le api in un contesto produttivo e non puramente hobbystico (è impensabile per un professionista spolverare centinaia di arnie ogni settimana con lo zucchero a velo), ma anche di salvaguardare la qualità e l’immagine del miele e dei prodotti dell’alveare.

 

TRATTAMENTI DA EFFETTUARE

  • Trattamento con API BIOXAL: tampone estivo + trattamento di pulizia autunnale con blocco di covata.
  • Interventi complementari, se necessari.
  • Utilizzo di favi nuovi.
  • Utilizzo del fondo a rete sulle arnie, in modo da far cadere le varroe che si staccano fuori dall’alveare e non dentro, scongiurando così le reinfestazioni.

 

CRITICITA’

  • Possibile necessità di sostituzione della regina al termine del blocco di covata.
  • Orfanità.
  • Intasamento dei favi con miele a causa della regina ingabbiata.
  • Scelta su quanto prolungare il blocco (minimo 18 giorni, meglio 22, con trattamento al 24/25esimo giorno).
  • Tipo di trattamento da effettuare (acido ossalico).

 

Queste linee guida mi sono state consigliate a più di uno dei corsi che ho seguito, e devo dire che finora non ho rilevato alcun problema relativo ad alte infestazioni.

So che ogni apicoltore utilizza la propria tecnica ed ha le proprie convinzioni, ma sarebbe il caso di attenerci a studi scientifici che sono già stati effettuati, senza essere esageratamente fantasiosi con le sperimentazioni, con particolare riferimento ai dosaggi dei principi attivi che non devono essere mai esagerati, pena la morte delle api. 

Concludo ora lasciando spazio ad una riflessione:

Sappiamo che in Africa, dove si pratica apicoltura di sussistenza e si dispone di metodi di lotta avanzati quanto i nostri, la mortalità delle famiglie di api per varroa è del 25%, mentre negli USA dove si può disporre di tantissime opzioni a livello di trattamenti la mortalità da varroa è del 35%.

Questo dato sembra indicare che lasciando fare alle api ed alla varroa il proprio corso, FORSE un equilibrio ospite-parassita è possibile anche senza l’intervento dell’uomo. Anzi, forse finora coi nostri continui interventi non abbiamo stimolato l’ape a sviluppare meccanismi di difesa, ma abbiamo invece stimolato la varroa a diventare più aggressiva.

Alcuni esempi di api che sopravvivono in natura, per chi fosse interessato ad approfondire:

 

CASI DI API TOLLERANTI ALLA VARROA

  • Primorsky Krai (Russian bee)
  • Le api di John Kefuss
  • Arnot Forest (New York)
  • Elgon Bees
  • VSH (varroa sensitive hygene)
  • Brasile, Isola di Fernando de Noronha

 

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Luca


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