Oggi parliamo di come si riproducono le api. In particolare parleremo dell’ape regina e della sua sua poligamia. Esatto, perché di norma l’ape regina pratica l’accoppiamento multiplo. Non è come pensate però, non lo fa per divertimento, ma per altri scopi. 

 

LA DETERMINAZIONE DEL SESSO NELLE API

In molti animali (uomo incluso) il sesso di appartenenza viene determinato da quali cromosomi sessuali ereditiamo. Per cui con un cromosoma X e uno Y avremo dei maschi, mentre con due cromosomi X avremo delle femmine.

Nelle api funziona in maniera un po’ diversa: se un’ape possiede due corredi di cromosomi si tratta di una femmina, mentre se ne possiede solo uno si tratta di un maschio.

Quindi le femmine delle api, come noi, posseggono due copie di ogni corredo cromosomico.

Per usare un termine scientificamente appropriato si dice che sono diploidi.

 

operaia diploide

Le api operaie possiedono un corredo cromosomico diploide di 32 cromosomi.

 

I maschi invece solitamente posseggono un singolo set di cromosomi e vengono chiamati aploidi.

fuco aploide

I fuchi possiedono un corredo cromosomico aploide (16 cromosomi, ovvero la metà delle operaie).

 

Per approfondire, dobbiamo dare prima uno sguardo all’anatomia dell’ape regina.

La regina possiede infatti un organo chiamato spermateca nel quale vengono conservati tutti gli spermatozoi dei fuchi con cui si è accoppiata.

Regina spermateca

La spermateca dell’ape regina è una sorta di sfera gelatinosa che appare trasparente quando la regina è vergine. Quando la regina è stata inseminata la spermateca assomiglia ad una perla.

 

Questi spermatozoi vengono conservati anche per anni nella spermateca e costituiscono una sorta di serbatoio genetico, necessario per mandare avanti l’alveare.

Del resto le api operaie sono la forza lavoro, e non dimentichiamoci che è sempre da un uovo fecondato che in caso di necessità potrà essere allevata una nuova regina.

 

CHE COSA SUCCEDE QUANDO LA REGINA DEPONE UN UOVO?

Dipende.

Se dovrà nascere una femmina, la regina deporrà nell’apposita celletta un uovo fecondato con uno spermatozoo, fra quelli contenuti nella spermateca.

Se dovrà nascere un maschio invece (il fuco), la regina deporrà un uovo non fecondato.

Covata maschile

In foto vediamo l’esempio di come appare la covata maschile delle api (cellette chiuse e leggermente in rilievo).

 

Vediamo cosa implica tutto questo a livello di parentela:

  • I maschi (fuchi) generati posseggono una singola serie di cromosomi appartenenti alla madre, ma non hanno alcun un padre!
  • Le femmine, ovvero le operaie, hanno tutte la stessa madre ma non è detto che abbiano lo stesso padre!

A differenza dei nostri spermatozoi che sono diversi l’uno dall’altro, in un fuco questi spermatozoi sono tutti esattamente identici, come delle fotocopie, proprio perché, come dicevo prima, il fuco possiede solamente un campione del patrimonio genetico della madre.

In sostanza quando un fuco si accoppia con una regina vergine, virtualmente è come se l’accoppiamento avvenisse fra la regina vergine e la metà dei geni della madre del fuco.

La maggioranza degli individui all’interno della colonia però è composto da operaie sterili. Questo ci fa comprendere come mai le api (che sono insetti sociali) fra le varie strategie di sopravvivenza abbiano sviluppato “istinti suicidi”, mi riferisco ad esempio al caso in cui le api decidano di pungerci andando incontro alla morte.

Per un’operaia sterile e che quindi non ha figli, tutti i suoi sforzi sono diretti a preservare i propri geni. Questo scopo non lo persegue riproducendosi (dato che è sterile), ma prendendosi cura degli individui con cui è imparentata.

Nel libro “Il gene egoista” Richard Dawkins riassume il concetto in questo modo:

La morte di una singola ape operaia sterile non è più grave per i suoi geni di quanto la perdita di una foglia in autunno lo sia per i geni di un albero.

UNA QUESTIONE DI NUMERI

In base a quanto abbiamo appena detto, possiamo affermare quindi che il patrimonio genetico di cui dispone una regina è tanto più vario quanto più alto è il numero di fuchi con cui si è accoppiata. A volte può accoppiarsi anche con 15 fuchi!

covata compatta

Esempio di covata compatta. Il telaino in questa foto è a testa in giù, quindi possiamo notare nalla parte alta una bella covata compatta, e nella parte bassa (di colore più chiaro) le scorte di miele.

 

I problemi però arrivano quando la diversità genetica inizia a scarseggiare e quindi iniziano ad esserci incroci fra individui fra loro imparentati.

Questo può facilmente accadere quando, ad esempio, un apicoltore con poche arnie continua a riprodurre grandi quantità di api regine partendo sempre dalle stesse madri.

Ma può accadere anche quando una popolazione troppo ristretta (per cause ambientali o sempre più spesso per interventi dell’uomo) si ritrova ad essere isolata da tutte le altre.

Il fenomeno di cui sto parlando viene chiamato inbreeding, e generalmente porta all’espressione di caratteri genetici recessivi (dannosi).

Quando si compiono incroci fra individui imparentati, la regina (nel caso delle api) inizia a deporre una certa quantità di uova con fuchi diploidi.

Ma come? I maschi non erano aploidi?

Esatto, non solo si tratta di una anomalia (catastrofica per l’alveare) ma questi fuchi non vengono nemmeno invitati al Family day!

 

L’IMPORTANZA DELLA DIVERSITA’ GENETICA

Nel caso delle api, queste uova di fuchi diploidi vengono solitamente individuate e rimosse dalle operaie.

La presenza di questa problematica è ben visibile quando ad esempio l’apicoltore estrae il telaino e nota che la covata non è compatta, ma è come se fosse tutta bucherellata.

covata bucherellata

L’entità della covata bucherellata è uno specchio fedele della quantità di fuchi diploidi generati.

 

I buchi, ovvero le cellette vuote in mezzo alla covata compatta sono dovuti ad api che sono state rimosse prima dello sfarfallamento. Tanto più numerosi saranno questi buchi, maggiore sarà il grado di consanguineità.

Una scarsa varietà in termini di diversità genetica rappresenta un rischio per le specie, anche solo per il semplice fatto che esistono in circolazione sempre meno copie dei vari geni. In questi casi la popolazione ha meno possibilità di adattarsi ai cambiamenti ambientali.

Possiamo immaginare che i geni siano un po’ come il kit degli strumenti di un chirurgo. Facciamo tre ipotesi:

  • Alta diversità genetica: Se durante un’operazione si deve praticare un’incisione e nel nostro kit di strumenti (i geni) abbiamo anche un bel bisturi affilato, riusciremo ad affrontare l’operazione senza problemi.
  • Media diversità genetica: Se invece abbiamo una strumentazione più ridotta (meno geni), e il bisturi ci manca, magari possiamo cercare di affrontare l’operazione con quello che abbiamo. Con un seghetto ad esempio. Non avremo realizzato un lavoro pulito come se avessimo utilizzato un bisturi, ma saremo comunque riusciti (bene o male) a salvare il paziente.
  • Bassa diversità genetica: In questo caso abbiamo ancora meno strumenti a disposizione, aprendo la valigetta possiamo scegliere soltanto fra una garza, un cerotto e dei guanti in lattice. Con che cosa operiamo il paziente? Forse unendo le garze al cerotto potremmo…Troppo tardi, il paziente è già morto.

La diversità genetica è ciò che permette alle specie di sopravvivere a difficoltà ed imprevisti apparentemente insormontabili.

Arriva un super parassita in grado di forare l’esoscheletro delle api?

Fra la popolazione di api ce ne saranno alcune con un esoscheletro poco robusto che periranno.

Le api con un esoscheletro più robusto potranno invece sopravvivere per portare avanti i “supergeni dell’esoscheletro robustissimo”.

A parte l’esempio stupido (ma era per chiarire il concetto) la diversità genetica è afflitta anche da altre minacce; mi riferisco ad un processo conosciuto con il nome di “genetic drift” (deriva genetica), forme più rare di geni semplicemente scompaiono dalla popolazione per via di fattori casuali. 

 

CHIARIAMO IL CONCETTO DI INBREEDING

Ogni individuo possiede alcuni “geni spazzatura”.

Dato che però possediamo due copie di ogni gene, finché una delle due copie è sana non ci sono problemi.

Fortunatamente il nostro o la nostra partner difficilmente avranno gli stessi nostri geni spazzatura, per cui le probabilità che la prole erediti due copie di geni non funzionanti saranno molto basse (seppur possibili).

Purtroppo quando questo accade, solitamente la prole risulta gravemente malata, disabile, oppure può anche andare incontro alla morte durante la fase di sviluppo, solo per fare alcuni esempi.

Se però siamo imparentati col nostro partner, le probabilità di avere in comune questi geni spazzatura sono enormemente più alte.

In questo caso per ogni gene spazzatura in comune, c’è una possibilità su 4 che la prole ne erediti entrambe le copie.

Test di inbreeding in laboratorio hanno dimostrato che le popolazioni afflitte da questo problema producono individui deboli, dalla bassa fertilità e con un’aspettativa di vita molto ridotta. Questo fenomeno viene chiamato depressione da inbreeding.

In zootecnia ed in agricoltura l’inbreeding viene ricercato, perché incroci ripetuti tra animali consanguinei (entro certi limiti) permette di ottenere una discendenza più omogenea e una più sicura trasmissione dei caratteri che sono stati selezionati.

Alcuni esempi di tratti genetici che vengono solitamente ricercati nelle api possono essere:

  • alta produzione di polline, miele, propoli, pappa reale
  • scarsa tendenza alla sciamatura
  • scarsa tendenza a propolizzare
  • istinto igienico
  • etc.

IL COMMERCIO DI API REGINE

Anche se come abbiamo detto l’inbreeding entro certi limiti viene ricercato dagli allevatori di regine, non bisogna mai perdere di vista la visione globale.

E’ necessario anche per gli allevatori (anzi, soprattutto per loro) preservare la diversità genetica delle specie perché è proprio da quel patrimonio di geni che gli allevatori possono attingere per iniziare il loro lavoro di selezione.

 

Questa varietà una volta persa non può più essere recuperata in alcun modo!

 

Il tema è tuttavia molto complesso, ed è oggetto di forte dibattito all’interno del mondo dell’apicoltura, vedendo i due estremi fra chi pasticcia con la genetica rincorrendo il profitto sul breve periodo, e chi ha a cuore il futuro dell’ape mellifera.

Si tratta di discussioni molto tecniche che poco si addicono alla natura di questo blog, ma vorrei comunque riportare in conclusione un dato, si tratta di una pubblicazione di Susan Cobey, autorità mondiale nell’ambito dell’inseminazione strumentale di api regine:

 

I produttori commerciali di regine in America dichiarano una produzione di circa 1 milione di regine da una base di regine madri nell’ordine dei 500-600 esemplari (Schiff and Sheppard 1995, 1996; Delaney et al 2009)

L’industria americana della vendita di regine sforna circa 1 milione di regine all’anno per sostituire o rimpinguare le circa 2.4 milioni di colonie sparse per tutta la nazione.

Le api oggi presenti in America sono state importate dall’Europa; per cui dai pochi esemplari importati non si è fatto altro che continuare a riprodurre regine attingendo allo stesso (decisamente ristretto) pool genetico.

Devono quindi cercare costantemente nuove regine per quello che viene chiamato rinsanguamento, ovvero l’apporto di nuove risorse genetiche per allontanare lo spettro minaccioso dell’inbreeding.

E noi in Italia? Staremo a vedere.

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Luca


 

Fonti:

 

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