Verso la fine del 2018 sono comparse novità interessanti in ambito scientifico sulla varroa, il temibile acaro parassita che attacca ed indebolisce le nostre api mellifere. Da alcuni test è emerso che non si nutre dell’emolinfa (ovvero il “sangue” delle api), bensì del cosiddetto “fat body” (corpo grasso).
Se non sai cos’è la varroa e vuoi approfondire, ti consiglio questo mio articolo.
Questa scoperta ci spiega come mai i numerosi tentativi di sviluppare in laboratorio strategie di gestione della varroa non andavano mai a buon fine.
Ma come sono arrivati Samuel D. Ramsay ed il suo team di scienziati a questa scoperta?
Va innanzitutto detto che le nostre precedenti conoscenze sul comportamento della varroa erano basate su uno studio condotto ormai quasi 50 anni fa (nel 1970).

La freccia bianca ci mostra dove la varroa preferisce annidarsi per nutrirsi sulle api adulte. – Credito: Samuel D. Ramsey et al. – Varroa destructor feeds primarily on honey bee fat body tissue and not hemolymph – published by PNAS – Creative Commons Attribution License 4.0
Ovviamente i metodi di analisi e di indagine scientifica dal 1970 ad oggi si sono ampliati enormemente. Nello specifico il team ha lavorato su questi punti:
- Si è determinata la distribuzione della varroa sulle api operaie (ovvero dove preferiva agganciarsi per nutrirsi).
- Attraverso l’applicazione di agenti di contrasto sulle api adulte si è individuato se la varroa si nutriva effettivamente di corpo grasso o di emolinfa.
- E’ stata rimossa della varroa in fase riproduttiva direttamente da cellette opercolate e sono stati effettuati dei test per comprendere se diete differenti influivano (e se sì in quale misura) sulla capacità di produrre uova.
1) DISTRIBUZIONE DELLA VARROA SULLE API OPERAIE:

L’immagine ingrandita al microscopio di quest’ape sezionata assieme alla varroa ci mostra dove l’acaro preferisce annidarsi. – Credito: Samuel D. Ramsey et al. – Varroa destructor feeds primarily on honey bee fat body tissue and not hemolymph – published by PNAS – Creative Commons Attribution License 4.0
Si è osservato che la varroa sulle api adulte preferisce posizionarsi nella parte ventrale (ovvero sulla “pancia”). Questo si crede avvenga proprio poiché la concentrazione del corpo grasso è maggiore nella parte ventrale rispetto a quella dorsale. Inoltre è la posizione più comoda per la varroa, in quanto può nutrirsi senza rischiare di essere rimossa durante il cosiddetto “grooming” ovvero lo “spulciamento” che avviene quando le api si ripuliscono.
Il ciclo di vita della varroa è tradizionalmente suddiviso in due fasi:
- la fase riproduttiva (che vede la varroa riprodursi all’interno delle cellette)
- la fase foretica (in cui la varroa “scrocca” alle api adulte un passaggio per raggiungere altre cellette e riprodursi nuovamente).
Ebbene il termine “foretica” implica che le varroe si servano delle api adulte solo (o quasi esclusivamente) per farsi trasportare nei pressi delle cellette in cui possono riprodursi.
E’ stato osservato invece che le varroe permangono sulle api adulte per diversi giorni (da 1 a 13 giorni, con una media di circa 7 giorni). Decisamente un po’ troppo tempo se si vuole semplicemente scroccare un passaggio.
In realtà la varroa si nutre costantemente delle api adulte, prediligendo le api nutrici per due motivi:
- Posseggono un quantitativo maggiore di corpo grasso, questo significa più cibo a disposizione per la varroa.
- Le nutrici sono le api che vengono più spesso a contatto con la covata, e danno quindi modo alla varroa di entrare nelle cellette per iniziare la fase riproduttiva.
2) IL COLORE DI CONTRASTO PER CAPIRE DI CHE COSA SI NUTRE LA VARROA:

Immagine al microscopio della varroa che si è nutrita del corpo grasso dell’ape, messo in evidenza tramite un colore di contrasto (rosso). Credito: Samuel D. Ramsey et al. – Varroa destructor feeds primarily on honey bee fat body tissue and not hemolymph – published by PNAS – Creative Commons Attribution License 4.0
I test effettuati coi colori di contrasto confermano che la varroa si nutre del corpo grasso piuttosto che dell’emolinfa.
Attraverso la nutrizione delle api si è riuscito ad assegnare due colorazioni differenti e ben visibili rispettivamente al corpo grasso e all’emolinfa. Le api in questione sono state poi parassitizzate dalla varroa che ha iniziato a nutrirsi.
Le varroe sono poi state rimosse dalle api e si è osservato in maniera inequivocabile che si erano nutrite del corpo grasso. Ma non ci si è fermati qui.
Analizzando il sistema digestivo della varroa ed il suo apparato boccale, si può affermare che l’apparato è strutturato in maniera molto simile a quello di organismi che si nutrono di tessuti semisolidi (come il corpo grasso) piuttosto che di cibi liquidi (come l’emolinfa).
Vista al microscopio la varroa dimostra di non disporre dei classici adattamenti anatomici che gli studiosi si aspetterebbero da un acaro che si nutre di emolinfa.
Infine i prodotti di scarto della varroa sono associabili ad organismi che seguono una dieta con abbondanza di proteine ma con apporti di acqua molto limitati (questo andrebbe fortemente a cozzare con la “vecchia” teoria della dieta a base di emolinfa).
3 – ALIMENTAZIONE E RIPRODUZIONE DELLA VARROA:
Nello studio è stato anche possibile determinare se il corpo grasso è un requisito necessario alla sopravvivenza della varroa anche durante la fase riproduttiva, cioè quando la varroa passa il suo tempo nelle cellette a nutrirsi delle larve e a produrre uova.
Ebbene il tasso di riproduzione più alto (40%) si è ottenuto somministrando come nutrimento proprio il corpo grasso delle api, mentre con la somministrazione della sola emolinfa si sono ottenuti risultati analoghi a quelli ottenuti con le varroe che sono state lasciate morire di fame.
Pur non essendoci al momento una proposta risolutiva per il problema della varroa, sicuramente questi passi avanti nella conoscenza del nemico numero uno dell’apicoltura sembrano promettere bene.
Più ci avviciniamo a conoscere i segreti della varroa, maggiori saranno le possibilità di sviluppare un sistema di gestione altamente efficace, ma soprattutto che non danneggi le api o l’equilibrio del superorganismo.
Apprezzerei molto vostri commenti e domande su questo articolo! Usate il box dedicato ai commenti per farmi sapere cosa ne pensate. Iscrivetevi al blog o alle nostre pagine Facebook, Twitter, YouTube ed Instagram per avere sempre aggiornamenti in tempo reale!
A presto!
Luca.
Fonti:
- Varroa destructor feeds primarily on honey bee fat body tissue and not hemolymph – Samuel D. Ramsey et al.
- Phys.org – Honey bee parasites feed on fatty organs, not blood
IMMAGINI:
- Copertina: Originale “Female Varroa destructor on the head of a bee nymph” di Gilles San Martin, licenza CC BY-SA 2.0, adattata dall’autore dell’articolo e distribuita con licenza CC BY-SA 2.0
Valentina
articolo interessantissimo. Speriamo si riesca a trovare presto una soluzione.
Caterina
Ho scoperto che facendo macerare a lungo nell’acqua le bucce delle arance si produce un líquido che, una volta filtrato, fa morire tutti i parassiti su cui l’ho provato fin’ora. sarebbe possibile tenerlo a disposizione delle api in un nutritore tondo oppure spargerlo davanti all’entrata dell’arnia in modo che le api ci vengano a contatto ogni volta che entrano nell’arnia?
Potrebbe fare morire anche la varroa?
Potrei Spennellarlo sulle pareti dell’arnia?
Anche l’alloro è antiparassitario, si potrebbe produrre un oleolito con le foglie e porlo sempre davanti all’entrata dell’arnia?
La ringrazio per la sua cortese attenzione.
Luca
Ciao Caterina, il nostro consiglio è quello di utilizzare soltanto prodotti testati ed approvati nelle dosi consigliate.
Test esclusivamente empirici rischiano purtroppo di portarci a conclusioni sbagliate per tanti motivi.
Qualsiasi sostanza inseriamo all’interno dell’alveare non sparisce: ad esempio un uso eccessivo del timolo può alterare irrimediabilmente il sapore del miele. Lo stesso può valere per qualsiasi altra sostanza proviamo ad introdurre senza avere alle spalle dei test che seguono il normale iter di approvazione.
Anonimo
Non sono uno del settore, ammiro le api che tanto ci danno. Io lavoro con i fiori.
È stata una lettura molto interessante.
Ciao
Luca
Grazie mille!