La legge n. 313/2004, “Disciplina dell’apicoltura”, è intervenuta sulla materia di recente. In essa si definisce, all’articolo 2, apiari come “insieme unitario di alveari“, mentre gli alveari sono definiti loro volta come “arnia (contenitore per api) contenente una famiglia di api“.
La legge richiamata ha introdotto nel Codice Civile l’articolo 896-bis sulle distanze minime degli apiari.

Essi devono essere collocati intanto a non meno di dieci metri da strade di pubblico transito; cinque metri invece per confini di proprietà pubbliche o private.
Questo obbligo non è tale se vi siano almeno due metri di dislivello tra apiario e luoghi indicati oppure, in alternativa, se siano interposti muri, siepi o altri ripari idonei a non consentire il passaggio di api, di altezza minima pari almeno a due metri, anche se privi di soluzioni di continuità.

Nei rapporti tra le parti è possibile derogare a quanto previsto, consentendo dunque distanze minori.

Caso particolare invece è dato dalla presenza di impianti industriali saccariferi. Difatti la distanza degli apiari da questi luoghi di produzione dev’essere almeno pari a un chilometro.

Per le distanze tra apiari stabiliti e tra apiari nomadi e stabiliti invece la materia pare abbastanza confusa.

Si tenga conto in primo luogo che la inizialmente citata legge n. 313/2004, al comma 4 dell’articolo 7 (risorse nettarifere), stabilisce che “unicamente per finalità produttive e di ottimizzazione dello sfruttamento delle risorse nettarifere, le regioni possono determinare la distanza di rispetto tra apiari di almeno cinquanta alveari, in un raggio massimo di 200 metri“.

In materia esiste poi una disciplina diversa per singola regione, di cui non tutte le regioni si sono peraltro dotate, a cui si sovrappongono sovente regolamenti locali e comunali. Molte di queste normative sono precedenti alla emanazione della citata legge.

Ad esempio in Emilia Romagna la disciplina delle distanze tra apiari si trova nel Regolamento Regionale n. 18/1995. Qui si dice, all’articolo 5 che le distanze minime, da calcolarsi dal centro dei singoli apiari, sono sia per nomadi che per stanziali pari a:
m. 100 di raggio se gli apiari sono formati da 1 a 10 alveari;

  1. 150 di raggio se gli apiari sono formati da 11 a 20 alveari;
  2. 250 di raggio se gli apiari sono formati da 21 a 30 alveari;
  3. 500 di raggio se gli apiari sono formati da 31 e più alveari.

Si aggiunge che la Commissione apistica provinciale può proporre all’Assessorato regionale agricoltura modifiche temporanee alle distanze indicate, per particolari condizioni di raccolta e per specifiche situazioni.
Si ricorda che ai fini di questo regolamento regionale è definito nomadismo come “quel particolare tipo di conduzione dell’allevamento apistico che si basa sull’utilizzazione di differenti zone nettarifere mediante spostamenti degli alveari“.

Infine interviene l’ancora non abrogato Regio Decreto n. 614/1927 all’articolo 29. Il decreto è da leggersi congiuntamente alle normative regionali che dovrebbero disciplinare le distanze, facendo riferimento al decreto per i limiti massimi e minimi.

Nel citato articolo si prevede difatti che, nel momento in cui vengono determinate le distanze minime tra apiari, gli apiari non minori di 50 alveari debbano essere distanti tra loro non oltre a tre chilometri in linea d’aria (mentre apiari con meno di 50 alveari non sono sottoposti alla distanza obbligatoria). Nel calcolo numerico due nuclei di allevamento possono essere calcolati come un alveare.

Esiste un diritto di prevalenza sia di tipo temporale (chi ha impiantato un apiario antecedentemente ha prevalenza rispetto a chi lo impianta successivamente) sia di proprietà (ha prevalenza a parità di tempo chi è proprietario anche del fondo oltre che dell’apiario).
Viene detto invece, per quanto riguarda gli apiari nomadi di oltre 50 alveari, che questi possono collocarsi rispetto apiari fissi superiori a 50 alveari ad una distanza che non può essere stabilita come minore ai due chilometri.

In ultimo il Decreto del Presidente della Repubblica n. 320/1954 contentente il Regolamento di Polizia Veterinaria prevede all’articolo 154 , in caso di malattie infettive della api, che siano da considerarsi sospetti tutti gli apiari situati nel raggio di almeno tre chilometri dall’apiario infetto.

Apprezzerei molto vostri commenti e domande su questo articolo! Usate il box dedicato ai commenti per farmi sapere cosa ne pensate. Iscrivetevi al blog o alle nostre pagine Facebook, Twitter, YouTube ed Instagram per avere sempre aggiornamenti in tempo reale!

A presto!

Luca