In questo ultimo periodo, dopo aver terminato il mio primo corso (base) di apicoltura, mi sono lasciato prendere dall’entusiasmo ed ho deciso di acquistare tre arnie.
Lo so, sono un po’ in ritardo con la programmazione dei lavori ma non mi andava proprio di aspettare un anno prima di iniziare a mettere in pratica quanto avevo imparato.
Acquistare le arnie è stato semplice, trovare le api un po’ meno.
Acquistare nuclei in questo periodo è piuttosto difficile, fortunatamente però sono riuscito dopo qualche tentativo a trovare un apicoltore locale intenzionato a restringere il proprio apiario.

Le interminabili sfide a tetris da bambino sono servite a qualcosa, ovvero “l’arte di far stare tre arnie complete di melari in una punto a metano”.
Questo mercoledì quindi sono stato in apiario ed ho avuto modo di scegliere i miei primi 3 nuclei. Ho avuto anche modo di assistere l’apicoltore durante le manovre messe in atto per rafforzare alcune famiglie deboli. Siamo stati dalle 8 alle 13:30 a maneggiare telaini ma mi sembrava fosse passata appena un’ora, è stato molto divertente, ed interessante.
Ora purtroppo mi trovo a dover affrontare l’ultimo scoglio, e cioè trovare una postazione in cui poter posare le mie arnie. Purtroppo la persona che mi aveva promesso dello spazio sul suo terreno ha deciso di fare marcia indietro all’ultimo momento, quindi per ora non potrò traslocare le api.
Non pensavo sarebbe stato così difficile trovare un piccolo spazio per poter posizionare tre arnie, eppure a volte c’è paura e diffidenza, anche da parte di chi possiede terreni agricoli e con le api dovrebbe avere una certa sinergia.
Questo mi ha fatto venire in mente la prefazione di un libro che mi è capitato di recente fra le mani:
A scuola dall’ape – Giorgio Celli
Da bambino temevo i rospi: mi avevano detto che sputavano, e che la loro saliva era viscida, e corrosiva. Che poteva accecare, anche! Crescendo scoprii che non era affatto vero, e che, al contrario, il rospo è un animale utile, perché si nutre di insetti e contribuisce così al mantenimento degli equilibri faunistici.
Oggi amo i rospi, e se ne incontro qualcuno sul sentiero delle mie passeggiate solitarie, lo saluto con un sorriso pieno di simpatia, e penso, con un po’ di rimorso, ai miei pregiudizi passati. Conosco, però, molte persone che portano dentro di loro, per tutta la vita, i terrori insensati dell’infanzia, e che alimentano, nei riguardi degli animali, delle ossessive fantasticherie.
Per esempio, la ripugnanza per gli insetti costituisce un fenomeno così diffuso, da crederlo unanime. Ho veduto uomini grandi e grossi, alzarsi da tavola urlando, rovesciando indietro la sedia, perché dalla fruttiera, cornucopia dell’estate, aveva fatto capolino, tra una pesca noce, e una susina claudia, la siluetta di una innocua forfecchia. Ho visto ancora delle mature signore smarrire ogni dignità, e darsi a una sorta di “danza della pioggia” perché dalla finestra socchiusa era entrata una piccola, malinconica farfalla. In realtà, è il fantasma di un bambino impaurito che si impadronisce di queste persone, di un bambino che non ha scoperto, a suo tempo, la confidenza con la natura, il sentimento che noi facciamo parte dell’universo, e che tutti gli esseri viventi, quella forfecchia, quella farfalla, sono dei nostri antichi, e regali, consanguinei. Un bambino che non impara precocemente a scoprirsi in un rospo, o in una biscia, che teme perfino il cane, o il gatto, nostri amici e coinquilini da millenni, sarà, da grande, io temo, un distruttore di alberi, e di uccelli. E si condannerà all’oscura e frigida solitudine del cittadino incarognito, perché senza le querce, o le allodole, ogni uomo, lo voglia o no, lo sappia o no, è in esilio da se stesso. Rifiutare la natura significa, al limite, rifiutare la propria natura, il proprio corpo, decidere di vivere “a metà”.
E purtroppo un uomo “dimezzato” è spesso, oggi, nella “stanza dei bottoni”: l’insensibilità o la ripugnanza per gli organismi viventi, e il potere tecnologico, costituiscono una miscela esplosiva. Ritrovare, e amare, gli animali è l’inizio di una nuova mentalità, e moralità ecologica, auspicabile, e forse ancor più: indispensabile.
Il bambino, il ragazzo, che, sfidando i demoni dell’inconscio, i mostri onirici, imparano a vivere in compagnia, e in armonia, con il popolo misterioso, e sapiente, delle api, hanno messo in atto l’equivalente di una psicoanalisi, che li ha resi liberi, e innocenti. Attraverso la comunione con questo insetto prodigioso, che percorre, felice, la mappa dell’estate, che si inebria di doni floreali, che dà esempio di solidarietà, e di abnegazione fin dall’alba dei tempi, che c’era prima di noi, e che , forse, ci sarà dopo di noi, l’apicoltore può frequentare una “scuola di vita” che non prevede diplomi, ma il conseguimento di una ben più profonda “maturità”.
A scuola dall’ape si impara a essere uomini.
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A presto!
Luca
Chiara Tremolada
Quest’anno ho già in previsione un trasferimento di residenza, quindi ho deciso che attenderò l’anno prossimo per prendere degli sciami. Nel frattempo sono a metà del corso base di apicoltura 🙂
Come te, spero di trovare qualcuno che sia disposto a lasciarmi una postazione in cui mettere un paio d’arnie.
Rispetto all’inizio lavori a cui ti riferisci, se riesci a trovare una collocazione entro fine mese, dovresti fare in tempo a fare un po’ di acacia a maggio o potresti rimandare alla fioritura di tiglio.
Molto bella quella riflessione sulla paura degli animali. Io sono aracnofobica, è qualcosa di innato, nessuno mi ha raccontato mostruosità sui ragni. Consapevole di questo, però, rispetto i ragni come ogni altra creatura. Prima strillo, certo, però poi con un foglio e un barattolo li catturo e li libero in giardino. Da due anni seguo il ciclo di vita di un ragno che ha fatto la ragnatela su un lampioncino in giardino. E’ meraviglioso osservare le creazioni che riesce a fare con la sua tela e la velocità con cui la ricostruisce quando pioggia e vento gliela spazzano via.
Credo che osservare a lungo e da vicino qualcosa che ci fa paura ci aiuti, se non a superare il terrore cieco, a essere un po’ più consapevoli delle meravigliose qualità che ogni animale o popolo possiede. Alla fine, la paura e il pregiudizio, che siano verso uomo, animale o pianta, non fanno altro che alimentare un odio ingiustificato e immeritato.
Ovviamente, ti seguirò volentieri nel tuo percorso da apicoltore.
Attendo sviluppi e ti auguro una buona giornata 🙂
api101
Grazie Chiara, sono completamente d’accordo. Paura e pregiudizi in fondo derivano sempre da una mancanza di conoscenza. Purtroppo al giorno d’oggi sembra esserci sempre meno gente disposta a fare quel passo in più per andare oltre l’apparenza e magari scoprire un mondo nuovo e affascinante. Oggi ho avuto buone notizie in merito alla nuova possibile postazione. Vedremo cosa salta fuori, grazie per la visita e a presto!