“Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”, recita un celebre detto. Ci sono molti ricercatori che però preferiscono porsi un’altra domanda: “cerchiamo di scoprire cosa mangiavamo e vi diremo perché siamo diventatati quello che siamo“. Questi ricercatori infatti sposano la tesi per la quale il cibo sia uno degli insostituibili pezzi del puzzle che compongono tutta la nostra evoluzione in Homo Sapiens.

Proviamo a centrare la questione partendo dal presente. Negli ultimi anni si sente spesso parlare della dieta paleolitica:

Chiamata anche paleodieta o dieta delle caverne, è il nome dato ad una dieta umana contemporanea che intenderebbe riproporre un ipotetico tipo di alimentazione che avrebbe caratterizzato le popolazioni umane vissute nel periodo precedente l’introduzione dell’agricoltura. [1]

Giusto per farvi capire, il Paleolitico è un’epoca geologica che è iniziata circa 2,5 milioni di anni fa e si è conclusa 10.000 anni fa, quando è stata introdotta l’agricoltura. Durante questo periodo si svilupparono le prime tecnologie a base di legno e pietre e si riuscì ad addomesticare il fuoco; è quindi l’arco di tempo nel quale ci siamo “trasformati” nel genere umano, cercando di semplificare al massimo.
Secondo i sostenitori della paleodieta ci dovremmo cibare soltanto di prodotti che i nostri antenati potevano cacciare e raccogliere in natura. Vi lascio il link al sito “ufficiale” italiano, nel caso vogliate addentrarvi nei meandri di questa fantasiosa scelta alimentare.

 

I CACCIATORI-RACCOGLITORI DEL PALEOLITICO

Che cosa vuol dire “cacciare e raccogliere in natura”? Prima che riuscissero a comprendere i segreti dell’agricoltura e dell’allevamento, i nostri progenitori si procuravano la loro razione quotidiana di cibo attraverso la caccia e la raccolta. La loro dieta era quindi composta principalmente da:

  1. Prodotti di derivazione animale, come la carne ed i pesci;
  2. Prodotti vegetali: frutta, erba, tuberi, semi, bacche e così via.

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I lavoratori di selce neandertaliani.
By Charles R. Knighthttp://donglutsdinosaurs.com/knight-neanderthals/, Public Domain, Link

 

Come fanno i ricercatori ad affermare questo? Ovviamente attraverso lo studio dei ritrovamenti fossili: si analizzano gli scheletri, le dentature, la tecnologia utilizzata per la caccia e per la trasformazione del cibo. Si guarda quindi direttamente al passato procedendo per deduzione tramite l’osservazione degli indizi.

Ci sono però alcuni ricercatori che approcciano lo studio dell’evoluzione umana da un’altra linea temporale: quella del presente.

Ad oggi si contano ancora 36 società di cacciatori-raccoglitori sparse per tutto il mondo, tranne che nel continente europeo. Gli appartenenti a questi gruppi tuttora si sostengono quasi esclusivamente sulla caccia e sulla raccolta, come facevano i nostri progenitori del Paleolitico. Per i ricercatori l’osservazione di questi gruppi sociali è fondamentale perché è come se osservassero una fotografia di come eravamo, vivente ed interattiva, ed hanno la possibilità di porre domande, raccogliere i dati, verificare e confermare ipotesi.

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Arte paleolitica ritrovata nella Grotta di Altamira, Spagna.
Di Museo de Altamira y D. Rodríguez, CC BY-SA 3.0, Collegamento

 

GLI HADZA DELLA TANZANIA

Durante la lettura del libro “BUZZ, The Nature and Necessity of Bees” di Thor Hanson (clicca qui per leggere la mia recensione) sono venuta a conoscenza del lavoro di Alyssa Crittenden, antropologa e comportamentalista ambientale dell’Università del Nevada, a Las Vegas.
La Dott.ssa Crittenden ha passato una buona parte della sua vita accademica a studiare gli Hadza, una popolazione nomade di cacciatori-raccoglitori che vive in Tanzania, attorno al Lago Eyasi. Ci sono circa 1000 individui appartenenti a questo gruppo, i quali vivono in tribù di circa 20 o 30 persone.

Gli Hadza vivono nella zona segnata dal puntatore. La Rift Valley si estende dalla Siria all'est dell'Africa in Mozambico. 

Gli Hadza vivono nella zona segnata dal puntatore. La Rift Valley si estende dalla Siria all’est dell’Africa in Mozambico. 

 

Perché proprio gli Hadza della Tanzania? Perché vivono all’interno di una vasta area dell’Africa, la Rift Valley, dove sono avvenuti gran parte degli step fondamentali dell’evoluzione dell’uomo e dove sono stati ritrovati alcuni dei più importanti fossili risalenti all’epoca preistorica. Proprio qua sono vissuti i primissimi cacciatori-raccoglitori del Paleolitico e qua continuano tuttora a vivere.

Cosa mangiano attualmente gli Hadza?

  • Carne
  • Frutta
  • Tuberi
  • Bacche
  • Miele

Ci sono differenze a seconda del sesso e dell’età relativamente alle quantità assunte: uomini e donne mangiano quantità diverse degli stessi cibi e questa differenza si riscontra anche tra adulti e bambini. Anche la stagione determina in quali quantità un determinato cibo viene assunto, perché logicamente la reperibilità di alcune sostanze varia molto a seconda del periodo dell’anno preso in considerazione.

 

IL MIELE DEGLI HADZA

Il lavoro della Dott.ssa Crittenden si è focalizzato molto sul miele, che gli Hadza indicano come il loro cibo preferito in assoluto. Viene ben prima della carne e di tutti gli altri elementi che compongono la loro dieta.

Gli Hadza non praticano l’apicoltura, ovviamente, ma  saccheggiano quanto riescono a trovare in natura. Sono ben 7 le specie di api che vengono targhettizzate, che vi riassumo:

  1. Apis Mellifera Scutellata: l’ape africana, punge molto e fa nidi sui rami dei grandi ed alti baobab, oppure all’interno dei tronchi cavi. Della raccolta del suo miele si occupano solo gli uomini Hadza.
  2. Trigona: api del sudore, senza pungiglione. Costruiscono i nidi sotto terra o negli alberi. Del loro miele se ne occupano le donne.
  3. Lestrimellitta cubiceps: ape senza pungiglione, vale quanto descritto sopra.

Il miele di ognuna di queste 7 api ha un nome diverso: ba’alako, kanoa, tsunako, nateko, bambahau, mulangeko e lulindi. L’esistenza di così tanti nomi per quella che è, fondamentalmente parlando, la stessa sostanza fa riflettere molto su quanto sia importante il suo ruolo nel piano alimentare di questo popolo.

Il grafico qua sotto ci aiuta a capire quanto sia importante il miele per gli Hadza.
Le colonne in blu corrispondono ai kg per macro tipologia di cibo che compone la dieta di questa popolazione, descritto in percentuale.
Le colonne in rosso, invece, riportano la traduzione dei kg in calorie.
Come si può vedere il miele, sebbene occupi in peso solo il 4% della dieta generale degli Hadza, apporta il 15 percento delle calorie totali. E’ quasi allo stesso livello dei frutti del baobab, delle bacche e dei tuberi raccolti, che al contrario vengono mangiati in grandi quantità ma contribuiscono poco a livello calorico.

COMPARAZIONE KG CIBO CALORIE HADZA MIELE

 

Questo perché il miele è un cibo ad altissimo contenuto calorico e quindi, anche se ne mangi poco, la quantità di energia che immetti nel tuo sistema è molta. Gli Hadza non cercano miele soltanto perché ne adorano la sua dolcezza: ne hanno bisogno soprattutto perché dà loro una buona fetta delle energie vitali di cui hanno bisogno per vivere.

Non si cibano soltanto del miele: una volta raccolto il favo banchettano con tutto quello che è contenuto all’interno delle sue celle, vale a dire la covata ed il polline, fonti insostituibili di proteine, vitamine e sali minerali.

Addirittura durante i periodi più piovosi dell’anno, quando è più difficile contare sulla cacciagione e su alcuni degli altri prodotti di origine vegetale, il miele diventa del tutto essenziale perché è più facilmente recuperabile in natura.

 

L’ANIMALE SPIONE ED ALTRI STRUMENTI UTILI

Come abbiamo già accennato, le donne si occupano soltanto della raccolta del miele prodotto dalle api senza pungiglione. Queste tendono a fare il loro nido sotto terra e dentro alle cavità degli alberi, a seconda del tipo di ape preso in considerazione, quindi è più facilmente reperibile anche se in minore quantità.

L’uomo si interessa dell’ape mellifera scutellata: dotata di pungiglione e molto aggressiva, costruisce i suoi nidi sulle sommità dei grandi alberi di baobab e talvolta ne occupa anche gli incavi. Con l’ascia si fanno strada aprendo una fessura per raggiungere meglio l’interno cavo dell’albero, oppure la utilizzano per piantare dei pioli all’interno della corteccia ed aiutarsi nella scalata.

Talvolta possono anche usare bastoncini di legno: li inseriscono dentro alle cavità dell’albero e, una volta estratti, leccano via il miele estratto.

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Donne Hadza che ballano.
Di Imani selemani NsamilaOpera propria, CC BY-SA 4.0, Collegamento

 

Importantissimo l’uso del fuoco: gli Hadza sanno bene che il fumo causerà la dipartita delle api (e dei loro pungiglioni) e che tutto quel che rimarrà da fare sarà soltanto asportare il nido.

Gli Hadza non fanno affidamento soltanto su loro stessi per il saccheggio del miele. Esiste un ucello, ironicamente chiamato dagli ornitologi Indicator Indicator, che è molto ghiotto di cera.
Quando scova un nido, l’Indicator Indicator si preoccupa di cercare l’umano più vicino: attraverso una serie di fischi, voli e cinguettii lo guida direttamente dentro la tana dell’ape. Non è un uccello addestrato perché gli Hadza non praticano allevamento di alcun tipo:  il comportamento dell’Indicator Indicator è frutto della sua stessa evoluzione.
Una volta depredato il nido, l’uomo Hadza lascia un po’ di cera anche all’Indicator Indicator.

 

IL MIELE HA AIUTATO L’EVOLUZIONE DELL’UOMO?

La riproduzione pubblicata qua sotto ritrae un uomo in visita ad un nido di api selvatiche. Il celebre originale si trova dipinto in una grotta delle Cuevas de la Araña a Valencia, in Spagna. Gli studiosi stanno ancora dibattendo sulla sua datazione ma in generale si stima che sia vecchia di circa 8000 anni.

Cueva arana.svg
Uomo che raccoglie miele di api selvatiche.
Dipinto risalente all’epoca mesolitica ritrovato nelle Cuevas de la Araña a Valencia, Spagna.
By Achillea – Drawn of a painting from the caves of Cueva de la Araña by fr:Utilisateur:Achillea converted to svg by User:Amada44, GPL, Link

 

Questa e numerose altre rappresentazioni in tema sono state trovate in molte altre parti del mondo, datate anche fino a 40.000 anni fa. Non vengono rappresentate soltanto scene di raccolta ma anche gli strumenti usati, come scale, cesti ed addirittura oggetti che fumano, e che purtroppo non sono sopravvissuti sotto forma di fossili fino ai giorni nostri.

L’abbondanza di queste espressioni artistiche fa davvero pensare che l’uomo paleolitico abbia considerato il miele e gli altri prodotti dell’alveare come una parte molto importante della sua dieta.

I ricercatori speculano addirittura che ci sia stato accesso al miele anche durante le prime fasi evolutive degli ominidi: molte specie di primati non umani, come ad esempio babbuini, macachi e soprattutto scimpanzé, sono molto bravi nel procacciarsi il miele e utilizzano anche qualche strumento come bastoncini (da infilare nelle fessure dei nidi) e rocce (per farsi strada dentro alle cortecce). Non è quindi da escludere il fatto che anche i primi ominidi, come gli Australopitechi, fossero in grado di procacciarsi questa sostanza.

Ricapitolando: cosa successe durante il Paleolitico? Ci siamo evoluti da ominidi a uomini veri e propri, passando dall’essere cacciatori-raccoglitori (come gli Hadza) ad essere coltivatori ed allevatori. L’evoluzione ha comportato un cambiamento fisico e soprattutto un cambiamento a livello cognitivo.

Il nostro cervello è infatti notevolmente aumentato di massa, diventando un organo dal metabolismo estremamente dispendioso che richiede l’assunzione di cibi dall’alto apporto nutrizionale per funzionare correttamente. E qual è il cibo dall’alto apporto nutrizionale di cui abbiamo parlato finora, che si trova facilmente in natura e di cui gli Hadza sono molto ghiotti?

…. Esatto, proprio il miele!

Gli zuccheri contenuti, specialmente il glucosio, sono perfetti per dare carica al nostro cervello. In aggiunta, le proteine contenute nelle larve di ape forniscono ulteriori sostanze nutritive a tutto il resto del corpo.

La capacità di saccheggiare i nidi d’ape potrebbe aver permesso ai primi ominidi di competere e superare le altre specie e potrebbe essere stata la fonte di energia cruciale per sfamare un cervello in continua espansione.

Gli Hadza continuano a vivere come i nostri vecchi parenti del Paleolitico ed è molto probabile che condividano con loro anche la composizione della loro dieta. Studiare gli Hadza, le altre popolazioni di cacciatori-raccoglitori e le loro abitudini alimentari ci dà molti indizi su come eravamo e quindi sul perchè siamo diventati così.

Vi lascio il TED Talk della Dott.ssa Alyssa Crittenden, dove si parla anche del ruolo delle donne Hadza nella loro società.

 

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A presto!

Silvia


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